LA FAMIGLIA BELIER

Trama

Nella famiglia Belier sono tutti sordi, tranne Paula (Louane Emera), che ha 16 anni. Nella vita di tutti i giorni, Paula svolge il ruolo indispensabile di interprete dei segni per i suoi genitori, in particolare nella gestione della fattoria di famiglia. Un giorno, incoraggiata dal suo professore di musica che ha scoperto il dono di Paula per il canto, decide di prepararsi per partecipare al concorso canoro di Radio France. Una scelta di vita che per lei comporterebbe l’allontanamento dalla famiglia e l’inevitabile passaggio verso l’età adulta.

Lettura di un film in chiave sophiartistica

Ci sono film che sono delle vere e proprie opere d’arte nel cogliere i vari aspetti dell’animo umano. I film che ci interessano maggiormente sono quelli che raccontano una trasformazione profonda dei personaggi, perché possiamo utilizzare l’arte espressa dal regista per contattare la stessa arte trasformativa presente dentro ognuno di noi. Questa particolare chiave di lettura si chiama sophia-art (saggezza dell’arte), un metodo messo a punto dal prof. Antonio Mercurio per indagare i meccanismi che muovono le fila della nostra esistenza, poterne essere consapevoli e diventare protagonisti del proprio cambiamento, artisti della propria vita.

Proposta per una chiave di lettura de LA FAMIGLIA BELIER

All’interno della famiglia Paula è l’unica non sordomuta, perciò si occupa lei dei rapporti con il mondo: per gli affari della fattoria, per la vendita dei prodotti al mercato, come traduttrice per i suoi genitori dal medico. Questo ruolo l’assorbe quasi completamente.

Quando entra per caso nel coro della scuola, si accorge della sua vera voce e ne ha paura. E’ la voce del suo Sè che timidamente compare, una voce che non conosce, che parla del suo Progetto personale. Paula è talmente invischiata nella sua famiglia da non potersi permettere di ascoltarlo, eppure questa voce interiore, la incuriosisce molto. Ma come può solo pensare che la sua famiglia sordomuta possa capirla, accoglierla e sostenerla nel suo progetto? Neppure l’hanno mai sentita la sua voce … Come può pensare di lasciare il suo posto all’interno della famiglia per seguire il suo sogno? Per questo, più volte, rinuncia favorendo il progetto che i genitori hanno deciso per lei.

Decidere di prendere in mano la propria vita non è cosa semplice. Le aspettative degli altri, i sensi di colpa, la paura di trovarsi soli e la difficoltà di assumersi completamente la responsabilità delle proprie scelte possono creare potenti sabotaggi interni nei confronti del proprio progetto.

Paula diventa artista della sua vita nel momento in cui decide di ascoltare e far uscire la sua voce, quando si assume totalmente e coraggiosamente la responsabilità della sua vita. Per farlo deve affrontare il dolore, l’opposizione della famiglia, il vuoto nel sentire che la madre non l’ha accettata mai per quella che era, così diversa da lei. Se vuole farcela deve darsi molta disciplina, deve allenarsi sempre di più ad ascoltare la voce del suo Sé.

Quando una scelta è autenticamente buona per se stessi, non è egoistica,quella stessa scelta diventa autenticamente buona anche per gli altri. Nel film, il desiderio autentico di Paula diventa un momento autentico anche per la madre che tocca con mano la verità nei confronti della figlia. Così anche il padre, passionale e determinato per la sua vita, la sua famiglia, il suo progetto personale, finalmente riconosce la figlia, nella sua individualità.

L’ascolto profondo di sé, della propria voce interiore, permette a Paula di riconoscere il proprio progetto e di portarlo avanti con amore nei confronti di se stessa e degli altri. Questo innesca un circuito virtuoso nel suo ambiente e la coralità diventa il sostegno indispensabile affinché il progetto di Paula si realizzi.

L’amore come dono

L’amore come dono è quello che rispetta l’identità di ognuno, è quello dove nessuno viene manipolato perché diventi qualcun’altro (A. Mercurio)

L’uomo è portato a pensare di poter possedere le persone come fossero cose e spesso, senza accorgersi, chiama questo sentimento amore. Non di rado l’amore di una madre per un figlio passa dalla richiesta, più o meno esplicita, di esaudire il suo bisogno, il suo desiderio, in fin dei conti, il suo progetto esistenziale. Così i figli diventano veri e propri prolungamenti narcisistici dei genitori. Questo non accade soltanto nella relazione madre-figlio ma più in generale nelle relazioni affettive significative, tra due partner per esempio. Quante volte nella coppia chiediamo all’altro di cambiare, di essere diverso, di non comportarsi in quel modo, sostanzialmente chiediamo e pretendiamo all’altro di diventare l’idea che avevamo del nostro uomo (donna) ideale. Questo succede continuamente e continuamente rimaniamo delusi.

L’amore come dono non è un passaggio obbligato, è piuttosto una scelta faticosa.

Riconoscere l’altro come diverso da sé, con tutto ciò che questa diversità può comportare e, consciamente, decidere di smettere di voler manipolare la sua vita. Innanzi tutto occorre diventare consapevoli della propria volontà manipolatoria. Nessuno ha voglia di riconoscerla dentro di sé, piuttosto si riconosce facilmente negli altri, quando siamo noi a subirla. Il primo passaggio dunque è decidere di guardare la propria volontà di manipolare gli altri, la propria volontà di possedere gli altri. E’ un passaggio delicato e ci vuole molta arte e amore per se stessi per poterlo accettare e decidere di cambiare atteggiamento nei confronti della vita. Innescato un comportamento diverso, donativo questa volta, la vita riconosce questo cambio di passo e restituisce totalmente l’energia spesa. E’ così che un circolo vizioso si trasforma in circolo virtuoso.

Possiamo domandarci adesso:

Qual è il mio progetto esistenziale?

Qual è la via che mi indica il mio Sé? Ovvero, qual è il mio posto nell’Universo?

Essere un’artista della propria vita significa riuscire a modulare ciò che mi occorre per realizzare il mio progetto. Il fine ultimo è quello di creare bellezza, riuscire a fare emergere la bellezza seconda, ovvero la bellezza che valica il tempo e lo spazio.

Cosa posso creare in questa situazione? Quale parte di me devo trasformare?

Nascere come Persona e Artista della propria vita significa uscire dal mondo dei condizionamenti ed affrontare una rinascita. Il dolore, l’arte, l’amore servono per superare la morte e la paura di essa.

Prato, 23/10/2016

Dott.ssa Francesca Brabanti

Psicologa, Vice Presidente

dell’Associazione Culturale Microcosmo

cell.347/1271871

e.mail: francesca.brabanti@yahoo.it