SETTIMO
LABORATORIO a.a. 2018/2019
Modulo di
sabato 13-04-2018
L’inganno di Ulisse:
la trasgressione è necessaria alla crescita ma fino a
che punto?
a cura di Francesca Brabanti e Alice Palloni
Programma
ore 15.00 -19.00
Visione
del VII episodio dell’Odissea e dibattito sul tema
Laboratorio
creativo: dal mito all’arte
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Nel precedente episodio Ulisse fa
finalmente ritorno in patria, dove incontra il figlio Telemaco col quale
escogita il modo di entrare a corte e consumare la sua vendetta. In
quell’occasione abbiamo lavorato sul costo da pagare, arrivato a Itaca, per la
realizzazione finale del progetto. Nell’episodio di oggi vedremo come Ulisse riesce
a ingannare i proci travestendosi da mendicante e quali ostacoli interni deve
superare per poter tornare ad essere Re di Itaca. *******************************************************************************
Ulisse e gli inganni
Musa, quell'uom di
multiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poiché ebbe a terra
Gittate d'Ilion le sacre torri...
Ulisse è descritto da
Omero come il maestro degli inganni, scaltro e ingegnoso, estremamente furbo.
Durante il suo lungo viaggio infatti mente a compagni, re e persino dèi. I
motivi per cui Ulisse utilizza la sua proverbiale capacità di ingannare sono
molteplici: per vendicarsi, per difendersi, ad esempio nella grotta di Polifemo,
per uno scopo individuale come nel caso di Eolo, o uno scopo corale che
comprende i suoi compagni, come nel caso del cavallo di Troia. Ma
simbolicamente che senso ha l’inganno di Ulisse? Chi deve ingannare veramente Ulisse? Ulisse deve ingannare la madre divorante, la madre fallica, l’io fetale
e l’assoluto che abita dentro al suo cuore e che dunque incontra anche
fuori di sé, nella realtà esterna.
La fede incrollabile nel
progetto che gli ha permesso di affrontare mille patimenti, così come la sua
capacità creativa (il multiforme ingegno nell’inventare inganni) sono stati narrati per millenni, e sono
arrivati a noi, valicando tempo e spazio e permettendogli di entrare
nell’immortalità del mito e perpetrare il più grande dei suoi inganni: quello
ai danni della morte. Il suo mito
infatti non morirà mai.
Di seguito vi proponiamo una lettura dell’episodio in
6 punti che riteniamo siano i più significativi.
Entrare da
mendicante a casa propria
Sulla
spiaggia di Itaca Ulisse incontra un pastore e, memore di quanto suggerito
da Tiresia e Agamennone durante il viaggio nel mondo dei
morti, non rivela la sua reale identità ma si finge un cretese in fuga e
racconta una lunga e falsa storia. Quel pastore in realtà è la dea Atena, sua
protettrice, la quale, lo accarezza e gli dice che è stato talmente abile nel mentire che lei stessa avrebbe creduto alle sue
parole se non fosse stata a conoscenza della verità. Atena, poi, consiglia a
Ulisse di non rivelare subito la sua
identità e lo aiuta a travestirsi da mendicante.
Perché Ulisse si traveste per entrare a Itaca? Qual è
la saggezza che Atena esprime nel consigliargli di travestirsi da mendicante?
Spesso le
sfide che la vita ci propone vengono affrontate a viso aperto con pretesa e
superbia e altrettanto spesso questa scelta si rivela una sorta di suicidio. La
madre divorante che ci portiamo dentro infatti ha un potere enorme, di vita e
di morte, è dunque saggio e necessario saperla ingannare.
L’unica
a scoprire la vera identità del mendicante Ulisse, oltre al fedele cane Argo, è la vecchia nutrice Euriclea la quale riconosce
la cicatrice che ha sulla gamba. La cicatrice è il simbolo superficiale della
sua ferita più profonda, la sua castrazione invisibile e i profondi sensi di
colpa a distaccarsi dalla madre. Le ferite infatti rimangono dentro come un
segno indelebile, sta a ognuno estrarre bellezza dalla bruttezza e utilizzarla
da artisti: utilizzare il più grande dolore, la più grande ferita, come la più
grande ricchezza.
Ma quando accade che
Euriclea lo riconosce Ulisse la afferra per la gola imponendole di non rivelare
il suo segreto: occorre essere cauti, saper ingannare se necessario e saper proteggere
il proprio progetto, costi quello che costi.
Le umiliazioni di Ulisse e Atena nel
cuore
Ulisse è tornato a casa ma non è ancora tornato
padrone della sua dimora e, simbolicamente, di se stesso; deve ancora
affrontare la violenza dei Proci che divorano con arroganza e superbia i suoi beni,
deve ancora capire come dar loro morte. Per
sconfiggere i proci che bivaccano nella sua casa (realtà esterna), deve prima riuscire
trasformare se stesso (realtà interna) liberandosi dei divoratori che lo abitano da dentro.
Inizialmente Ulisse si trova in uno stato di impotenza
totale ed è costretto a subire le umiliazioni dei proci senza poter reagire. Il
piano di morte che i Proci hanno architettato per lui, nella lettura di Antonio
Mercurio, ha il significato di un “piano per divorare” che la madre agisce sul
figlio nel suo stato fetale. Ulisse non può difendersi come vorrebbe dalle madri divoranti, seducenti e possessive,
falliche e castranti che incontra lungo il suo viaggio. Ma, dopo i mille
patimenti, dopo averli accettati e trasformati in poteri a lui favorevoli può trasformare la sua hybris in profonda
umiltà, può dare spazio alla sua astuzia, alla sua forza fisica e passare dall’impotenza
alla potenza per eliminare la madre divorante e castrante dentro di sé.
Nel libro Ipotesi su Ulisse Mercurio scrive che Ulisse trasforma il suo cuore, da cuore
superbo a cuore umile, attraverso l’accettazione di tutte le situazioni di
impotenza e che deve entrare nell’impotenza per poter contattare l’umiltà. Alla
condizione di impotenza si può reagire in tanti modi, con volontà omicida o con
volontà suicida o con la ribellione ma si può reagire anche con una profonda accettazione, piegando la
propria volontà di potere e di dominio e entrando nelle varie modalità che
l’umiltà può assumere. Ed è quest’ultima la via che intraprende Ulisse.
Nonostante la parola vendetta sia più volte scritta
nel poema di Omero, Antonio Mercurio ci invita a una lettura più simbolica e
profonda: si tratta di una “vendetta creativa”, ovvero della decisione di uscire dal mondo materno per
entrare nel mondo paterno. Significa superare la paura della morte. Questo
è possibile se si mantiene una fede incrollabile nel progetto del Sé. Ad Ulisse
sono serviti dieci anni per trasformare il suo cuore superbo in un cuore umile,
però a quel punto è lui ad avere il potere supremo sulla sua vita e non la
madre onnipotente.
La
trasformazione di Penelope e l’incontro con Ulisse
Anche Penelope dal cuore di pietra si trasforma.
Quando Antinoo, il favorito dei pretendenti, le fa complimenti sul suo aspetto,
risponde che la bellezza non è più
con lei da quando suo marito è partito e ancora, quando il pretendente incalza
chiedendole per quale ragione allora lui e gli altri principi sarebbero ancora
lì, Penelope risponde che non sono certamente lì per lei. Ugualmente fa
riferimento a doni che gli uomini che stanno per convolare a nozze sono soliti
fare alle future spose, a differenza dei suoi pretendenti che deturpano e
derubano i suoi beni. In tutte e tre le
situazioni l’atteggiamento di Penelope è cambiato e possiamo dire che non è più
vittima passiva di ciò che accade e possiamo supporre che simbolicamente sia a
questo punto della sua personale Odissea che decide finalmente di liberarsi dei
suoi sopraffattori.
Scrivendo sul personaggio di Penelope Mercurio afferma
che: “…questa trasformazione è certamente avvenuta, perché solo una donna che
ha il cuore umile e non più superbo può accogliere il racconto delle avventure
amorose di Ulisse senza dare in escandescenza e senza tramare altri piani per
ucciderlo”. Ebbene durante l’incontro tra lei e Ulisse travestito da
mendicante, Penelope lo accoglie
dicendo di non vergognarsi si parlare perché chiunque vedrebbe che ha molto
sofferto e che proprio per questo sarà
rispettato in casa sua, anche lei conosce bene la sofferenza. Penelope non è in
una posizione vendicativa, anzi entra in empatia col mendicante, riconoscendo
il suo dolore. Dunque anche Penelope è entrata nel dolore e adesso sta per
compiersi una nascita importante per
i due.
-
Se sei Ulisse,
perché mi mentisci così?
Penelope sente la menzogna del marito e in cuor suo sa
la verità e proprio per questo Ulisse la fa tacere, prima ancora che lei possa
dire di averlo riconosciuto:
-
La tua fama
regina è di essere una donna molto forte.
Ulisse deve mantenere fede al progetto, anche per
questa coppia, dunque prima di riunificarsi con Penelope, deve essere certo di
liberare la sua casa dai proci. Questo è vitale, necessario, primario,
condizione senza la quale non c’è futuro né per sé, né per Penelope, per Telemaco,
per Itaca. Ulisse non può tradire un progetto così grande e metterlo a rischio
cadendo nella malinconia, certamente forte, di riabbracciare sua moglie. Così
la esorta ad essere ancora forte.
A malincuore Penelope accetta ciò che narra di sé
Ulisse. Prima di lasciarlo da solo però gli chiede un consiglio:
- Tu sai che la mia casa è infestata, Telemaco vuole
liberarsi di me. Che devo fare?
Il mendicante le
risponde: - Ulisse tornerà e si farà giustizia.
Penelope fa un passaggio importante in questo momento,
perché accetta l’inganno, segue il progetto di Ulisse e crea alleanza con lui.
Ma è anche il momento in cui esce dalla sua passività completamente e usa il suo
potere creativo per contribuire alla riuscita del loro comune Progetto. Su suggerimento
di Atena, dunque usando la sua saggezza, comunica che il successore al trono sarà colui che riuscirà
a scagliare una freccia con l’arco che fu di suo marito e a farla passare
attraverso dodici anelli.
Penelope sa che Ulisse è capace di usare quell’arco,
conosce la sua forza. Da un certo punto di vista potrebbe anche voler mettere
alla prova il marito, vent’anni dopo che se ne è andato e adesso che è tornato,
vecchio e malconcio, per testare la
sua volontà e decisione di sconfiggere definitivamente i deturpatori che ci
sono a palazzo, l’io fetale e la madre divorante che ha abitano in loro.
Il
rimprovero di Atena/ connettersi con il Sé
Atena suggerisce a Ulisse di andare a vedere i
pretendenti da vicino per capire chi tra
loro è giusto e chi non lo è. Questo al solo scopo di capire chi tra di
loro è un leale avversario e chi invece potrebbe attaccarlo alle spalle, per
batterli meglio: tutti i proci dovranno essere eliminati. Atena Vuole che
Ulisse alzi il vino e provochi i principi e che essi lo insultino affinché
rancore e odio scendano sempre di più nel suo cuore. Questo significa usare ogni cosa, anche le cose brutte, la
forza che viene dall’odio (distruttiva-costruttiva) e le umiliazioni e
trasformarle a favore dell’amore per il progetto.
Mentre Ulisse si avvicina a guardare i pretendenti
negli occhi, questi lo deridono e il loro è un riso inestinguibile, perché
inestinguibile è la loro superbia: nulla
nutre la terra più meschino dell’uomo tra tutto ciò che respira e cammina sopra
di essa. Tutta la casa tristemente risuona della loro allegria. Anche
l’indovino scruta i loro cuori:
- Sciagurati pazzi, piangere dovreste, non vedete la
rovina orrenda che sta sopra le vostre teste? Avete gli occhi completamente
fasciati di tenebre?
Dopo aver scrutato i pretendenti Ulisse si rende conto
che può contare solo su di sé e sull’aiuto di Telemaco, il porcaro Eumeo e il
bovaro Filezio, del quale testa la fedeltà. Sono pochi e Ulisse teme la
battaglia. Atena lo rimprovera: Sciocco!
Ad altri basta l’aiuto di amici ben più deboli che sono mortali e ignorano il
futuro e tu non hai fiducia in me che sono dea e che ti soccorro sempre, in
ogni pericolo!
Ulisse allora si ricrede, ritrova il contatto con il
Sé e si fida: Via, il piano tessilo tu,
come potrò vendicarmi, e stammi accanto, forza audace a ispirarmi. E’ il Sé il primo vero alleato.
Chi sono i pretendenti?
I pretendenti rappresentano la materializzazione esterna
dell’Io fetale di Ulisse, di Penelope e di Telemaco. Uccidere i proci significa
uccidere Io fetale di tutti e tre. La scelta di abbandonare ogni hybris e
vestirsi con i panni dell’umiltà più sincera è necessaria per guardare in
faccia l’Io fetale, e scovare la menzogna in cui è immerso. Da sempre l’Io fetale invade lo spazio esistenziale
dell’uomo e della donna togliendo potere
all’Io adulto artista.
Per l’Io fetale conta solamente la sua sopravvivenza e il suo
benessere, ha una pretesa infinita di risarcimento della sua ferita e non gli
interessa che questa ferita venga riparata, non gli interessa il piacere e la
gioia di nascere per sviluppare creativamente un Io adulto. Il principio del
piacere porta avanti solo il progetto vendicativo e non la gioia di creare.
Finché l’Io fetale predomina sull’Io adulto è difficile che accolga l’esistenza
di qualcun altro, se non al suo servizio. Il compito di Ulisse è ancora più
difficile perché il suo obiettivo è quello di raggiungere la concordia gloriosa, quindi si trova a
scontrarsi non solo con le sue pretese, ma anche con quelle di Penelope.
La menzogna esistenziale
L’uomo tendenzialmente nega la verità, il principio di
realtà, l’esistenza del suo lato oscuro strutturando quindi un falso sé e un
ideale di perfezione. Il viaggio di Ulisse è il viaggio di un uomo che decide
di affrontare i suoi mostri interni ed uscire dalla menzogna esistenziale.
Si può definire la menzogna esistenziale come un grosso
inganno che l’uomo fa a se stesso. La menzogna si struttura come una maschera
per difendersi dal dolore della verità e dall’angoscia di morte e viene usata
per imporre agli altri la propria volontà di dominio, quindi più l’uomo mente a
se stesso più la madre divorante prende potere e lo rende preda dei suoi stessi
proci. La menzogna serve per rafforzare il proprio rifiuto di nascere e
impedisce il passaggio dall’Io fetale a Io adulto.
Abbandonare questa
menzogna significa abbandonare il ruolo di vittima per nascere al proprio
potere artistico creativo e scegliere verità e bellezza al posto della menzogna
e della bruttezza.
Ci vuole molto allenamento per uscire dalla menzogna, dalla
volontà di potere e dall’assolutizzazione. Ci vuole una grande umiltà per
mettersi in discussione, per poter fare delle capriole e trasformare la
menzogna in verità. Di questo Ulisse ne è consapevole, gli ci sono voluti molti
anni ed ha superato molte prove per trasformarsi nel profondo.
La
trasgressione è necessaria ma fino a che punto?
Finchè è necessario
guardare in faccia l’ Io fetale e decidere di fare il passaggio all’Io adulto. Fino a quando ci è utile per fare
spazio all’Io adulto creativo. Con l’aiuto del se personale e
del se cosmico è possibile capire il momento opportuno per fare il salto, ci
vuole una grande astuzia per prepararsi al cambiamento e ci vuole una ferma
decisione di amarsi.
Ulisse decide di amarsi nel momento in cui decide di volersi separare
dal trauma subito, rinunciando di rimanere legato al dolore e questo gli
permette di lasciare andare la rabbia e il progetto vendicativo.
Bisogna sapersi
affidare alla vita anche quando tutto sembra perduto.
Antonio Mercurio suggerisce di farsi alcune domande quando
tutto sembra: perché il sé ha voluto mettermi in questa situazione? Che
progetto ha per me? Questo è un modo per unificare il mondo interno e il mondo
esterno.
Buon lavoro a tutti.
Dr.ssa
Francesca Brabanti, Dr.ssa Alice Palloni