Il Maestro, l'Antropologo Antonio Mercurio

Antonio Mercurio è un antropologo italiano. Ha studiato a Messina, a Bruxelles e a Parigi ed ha conseguito la laurea in Lettere Classiche, in Filosofia e in Teologia. È stato il primo, in Italia e in Europa, a creare un istituto di antropologia e di psicoterapia di tipo universitario, con lezioni, seminari, tirocini e tesine di ricerca, nel 1970 a Roma (I.P.A.).

Nel 1978 unifica gli istituti sorti in Italia (Firenze, Cosenza, Catanzaro, Taranto, Ascoli Piceno, Bologna, Prato, Pescara, Catania, Albano, Bari, Milano, Bolzano e Trento) ed in Europa (Ginevra, Bruxelles, Parigi, Grenoble e Marsiglia) nella Sophia University of Rome (S.U.R.) e nello stesso anno scrive "Lettera agli uomini" pubblicata nella rivista "Persona" (ed. S.U.R.) che diventa il manifesto della Sophia University of Rome[2]. Sempre nel 1978 fonda a Ginevra l'I.S.A. (Institut de Sophia-Analyse de Genève), nel 1980 a Bruxelles l'I.S.A.B. (Institut de Sophia-Analyse de Bruxelles) e nel 1984 a Parigi l'I.S.A.P. (Institut de Sophia-Analyse de Paris)  nonché, unitamente ai suoi collaboratori, diversi Istituti di Psicoterapia Analitica Esistenziale e Istituti di Antropologia Personalistica Esistenziale (IAPE) in Italia e vari Dipartimenti (Pedagogia sophianalitica e sophiartistica, Antropologia Prenatale, Ricerca e Studi sulla Coppia, Psicodramma sophianalitico). Gli Istituti di Psicoterapia Analitica aderenti alla Sophia University of Rome si inseriscono nel filone della Psicoterapia Esistenziale che fa riferimento a L. Binswanger e A. Maslow.

Nel 1970 ha creato l'Antropologia Personalistica Esistenziale, espressione della sua opera e del suo pensiero; e successivamente la Sophia-Analisi, corrente psicoterapeutica riconosciuta nel 1996 dall'E.A.P. di Vienna (European Association for Psychotherapy)[1], dalla P.P.L. di Mosca (Russian Professional Psichotherapy League) e dalla A.F.P. (Federazione Asiatica di Psicoterapia). La Sophia-Analisi prende origine dalla Psicoanalisi ed integra le dimensioni esistenziali, filosofiche ed atropologiche; fa riferimento ai concetti della scuola inglese di psicoanalisi (English School of Psychoanalysis)[1][3].

Nel 1985 crea la Sophia-Art e per ultimo nel 1995 la Cosmo-Art . È stato il primo in Italia a organizzare congressi internazionali e seminari sulla vita prenatale. I suoi libri sono utilizzati nelle scuole di rebirthing nella formazione sulla psicologia prenatale e perinatale. Ha creato le Olimpiadi e le Ulissiadi della S.U.R. Ha pubblicato numerosi libri e due riviste: Persona e Quaderni di Psicoterapia Analitica Esistenziale ed ha organizzato numerosi congressi di psicoterapia e di antropologia in ambito nazionale ed internazionale.


Opere pubblicate

  • Amore e Persona (Presupposti psicoanalitici ed esistenziali della coppia), 1976
  • Teoria della Persona e Metapsicologia Personalistica, 1978
  • Amore, Libertà e Colpa - (Psicoanalisi e Cristianesimo a confronto), 1980
  • La vie comme oeuvre d'art, 1988
  • Antropologia Esistenziale - Metapsicologia Personalistica, 1991
  • Teoria dell'inconscio esistenziale, 1995
  • Le Leggi della vita, 1995
  • La vita come opera d'arte e la vita come dono (spiegata in 41 film), 1995
  • Gli Ulissidi (Il teorema e il mito per navigare da un universo all'altro), 1997
  • La Sophianalisi e l'Edipo, 2000
  • La nascita della Cosmo-Art, 2001
  • Teoremi e Assiomi della Cosmo-Art, 2004
  • Il mito di Ulisse e la bellezza seconda, 2005
  • I Laboratori corali della cosmo-art, 2006
  • Ipotesi su Ulisse, 2007
  • La Sophia-Analisi e il principio della gioia, 2011
  • Proposta per un Patto Cosmoartistico per la Bellezza 2012

da Vikipedia



INTESTAZ. 1

LA FORMAZIONE

Il percorso è costruito attorno ad una visione della vita che riconosce come valori costitutivi dell’uomo,  l'Amore, la Libertà, la Verità e la Bellezza,  valori che fungono da guida per la realizzazione del progetto speciale di identità insito in ognuno di noi.

E’ un percorso teorico - esistenziale rivolto innanzitutto a  coloro che desiderano  fare della propria vita un’opera d’arte utilizzando i materiali belli o brutti che la vita propone, per trasformarli creativamente.

E' rivolto a insegnanti, infermieri, medici, avvocati... che potranno utilizzare gli strumenti acquisiti per applicarli al proprio lavoro, ma anche a chi desidera crescere in consapevolezza per poi aiutare gli altri a fare lo stesso percorso. 

è composta di 10 seminari l’anno, un weekend al mese dal sabato pomeriggio alla  domenica pomeriggio,  da settembre a giugno. Sono richieste 4 tesine annuali e una tesi finale. Dopo il biennio di base, c’è la possibilità di specializzarsi. 

La Scuola garantisce inoltre la supervisione e l’aggiornamento permanente.

SETTIMO LABORATORIO a.a. 2018/2019

Modulo di sabato 13-04-2018

L’inganno di Ulisse:

la trasgressione è necessaria alla crescita ma fino a che punto?  

a cura di Francesca Brabanti e Alice Palloni 

Programma

ore 15.00 -19.00

Visione del VII episodio dell’Odissea e dibattito sul tema  

Laboratorio creativo: dal mito all’arte

 

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Nel precedente episodio Ulisse fa finalmente ritorno in patria, dove incontra il figlio Telemaco col quale escogita il modo di entrare a corte e consumare la sua vendetta. In quell’occasione abbiamo lavorato sul costo da pagare, arrivato a Itaca, per la realizzazione finale del progetto. Nell’episodio di oggi vedremo come Ulisse riesce a ingannare i proci travestendosi da mendicante e quali ostacoli interni deve superare per poter tornare ad essere Re di Itaca. *******************************************************************************

Ulisse e gli inganni

Musa, quell'uom di multiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poiché ebbe a terra
Gittate d'Ilion le sacre torri...

 

Ulisse è descritto da Omero come il maestro degli inganni, scaltro e ingegnoso, estremamente furbo. Durante il suo lungo viaggio infatti mente a compagni, re e persino dèi. I motivi per cui Ulisse utilizza la sua proverbiale capacità di ingannare sono molteplici: per vendicarsi, per difendersi, ad esempio nella grotta di Polifemo, per uno scopo individuale come nel caso di Eolo, o uno scopo corale che comprende i suoi compagni, come nel caso del cavallo di Troia. Ma simbolicamente che senso ha l’inganno di Ulisse? Chi deve ingannare veramente Ulisse? Ulisse deve ingannare la madre divorante, la madre fallica, l’io fetale e l’assoluto che abita dentro al suo cuore e che dunque incontra anche fuori di sé, nella realtà esterna.

La fede incrollabile nel progetto che gli ha permesso di affrontare mille patimenti, così come la sua capacità creativa (il multiforme ingegno nell’inventare inganni) sono stati narrati per millenni, e sono arrivati a noi, valicando tempo e spazio e permettendogli di entrare nell’immortalità del mito e perpetrare il più grande dei suoi inganni: quello ai danni della morte. Il suo mito infatti non morirà mai. 

Di seguito vi proponiamo una lettura dell’episodio in 6 punti che riteniamo siano i più significativi.

 

Entrare da mendicante a casa propria

Sulla spiaggia di Itaca Ulisse incontra un pastore e, memore di quanto suggerito da Tiresia e Agamennone durante il viaggio nel mondo dei morti, non rivela la sua reale identità ma si finge un cretese in fuga e racconta una lunga e falsa storia. Quel pastore in realtà è la dea Atena, sua protettrice, la quale, lo accarezza e gli dice che è stato talmente abile nel mentire che lei stessa avrebbe creduto alle sue parole se non fosse stata a conoscenza della verità. Atena, poi, consiglia a Ulisse di non rivelare subito la sua identità e lo aiuta a travestirsi da mendicante.

Perché Ulisse si traveste per entrare a Itaca? Qual è la saggezza che Atena esprime nel consigliargli di travestirsi da mendicante?

Spesso le sfide che la vita ci propone vengono affrontate a viso aperto con pretesa e superbia e altrettanto spesso questa scelta si rivela una sorta di suicidio. La madre divorante che ci portiamo dentro infatti ha un potere enorme, di vita e di morte, è dunque saggio e necessario saperla ingannare.  

L’unica a scoprire la vera identità del mendicante Ulisse, oltre al fedele cane Argo,  è la vecchia nutrice Euriclea la quale riconosce la cicatrice che ha sulla gamba. La cicatrice è il simbolo superficiale della sua ferita più profonda, la sua castrazione invisibile e i profondi sensi di colpa a distaccarsi dalla madre. Le ferite infatti rimangono dentro come un segno indelebile, sta a ognuno estrarre bellezza dalla bruttezza e utilizzarla da artisti: utilizzare il più grande dolore, la più grande ferita, come la più grande ricchezza.

Ma quando accade che Euriclea lo riconosce Ulisse la afferra per la gola imponendole di non rivelare il suo segreto: occorre essere cauti, saper ingannare se necessario e saper proteggere il proprio progetto, costi quello che costi.

 

Le umiliazioni di Ulisse e Atena nel cuore

Ulisse è tornato a casa ma non è ancora tornato padrone della sua dimora e, simbolicamente, di se stesso; deve ancora affrontare la violenza dei Proci che divorano con arroganza e superbia i suoi beni, deve ancora capire come dar loro morte.  Per sconfiggere i proci che bivaccano nella sua casa (realtà esterna), deve prima riuscire trasformare se stesso (realtà interna) liberandosi dei divoratori che lo abitano da dentro.

Inizialmente Ulisse si trova in uno stato di impotenza totale ed è costretto a subire le umiliazioni dei proci senza poter reagire. Il piano di morte che i Proci hanno architettato per lui, nella lettura di Antonio Mercurio, ha il significato di un “piano per divorare” che la madre agisce sul figlio nel suo stato fetale. Ulisse non può difendersi come vorrebbe dalle madri divoranti, seducenti e possessive, falliche e castranti che incontra lungo il suo viaggio. Ma, dopo i mille patimenti, dopo averli accettati e trasformati in poteri a lui favorevoli può trasformare la sua hybris in profonda umiltà, può dare spazio alla sua astuzia, alla sua forza fisica e passare dall’impotenza alla potenza per eliminare la madre divorante e castrante dentro di sé.

Nel libro Ipotesi su Ulisse Mercurio scrive che Ulisse trasforma il suo cuore, da cuore superbo a cuore umile, attraverso l’accettazione di tutte le situazioni di impotenza e che deve entrare nell’impotenza per poter contattare l’umiltà. Alla condizione di impotenza si può reagire in tanti modi, con volontà omicida o con volontà suicida o con la ribellione ma si può reagire anche con una profonda accettazione, piegando la propria volontà di potere e di dominio e entrando nelle varie modalità che l’umiltà può assumere. Ed è quest’ultima la via che intraprende Ulisse.  

Nonostante la parola vendetta sia più volte scritta nel poema di Omero, Antonio Mercurio ci invita a una lettura più simbolica e profonda: si tratta di una “vendetta creativa”, ovvero della decisione di uscire dal mondo materno per entrare nel mondo paterno. Significa superare la paura della morte. Questo è possibile se si mantiene una fede incrollabile nel progetto del Sé. Ad Ulisse sono serviti dieci anni per trasformare il suo cuore superbo in un cuore umile, però a quel punto è lui ad avere il potere supremo sulla sua vita e non la madre onnipotente.

 

La trasformazione di Penelope e l’incontro con Ulisse

Anche Penelope dal cuore di pietra si trasforma. Quando Antinoo, il favorito dei pretendenti, le fa complimenti sul suo aspetto, risponde che la bellezza non è più con lei da quando suo marito è partito e ancora, quando il pretendente incalza chiedendole per quale ragione allora lui e gli altri principi sarebbero ancora lì, Penelope risponde che non sono certamente lì per lei. Ugualmente fa riferimento a doni che gli uomini che stanno per convolare a nozze sono soliti fare alle future spose, a differenza dei suoi pretendenti che deturpano e derubano i suoi beni. In tutte e tre le situazioni l’atteggiamento di Penelope è cambiato e possiamo dire che non è più vittima passiva di ciò che accade e possiamo supporre che simbolicamente sia a questo punto della sua personale Odissea che decide finalmente di liberarsi dei suoi sopraffattori.

Scrivendo sul personaggio di Penelope Mercurio afferma che: “…questa trasformazione è certamente avvenuta, perché solo una donna che ha il cuore umile e non più superbo può accogliere il racconto delle avventure amorose di Ulisse senza dare in escandescenza e senza tramare altri piani per ucciderlo”. Ebbene durante l’incontro tra lei e Ulisse travestito da mendicante, Penelope lo accoglie dicendo di non vergognarsi si parlare perché chiunque vedrebbe che ha molto sofferto e che proprio per questo sarà rispettato in casa sua, anche lei conosce bene la sofferenza. Penelope non è in una posizione vendicativa, anzi entra in empatia col mendicante, riconoscendo il suo dolore. Dunque anche Penelope è entrata nel dolore e adesso sta per compiersi una nascita importante per i due.

-         Se sei Ulisse, perché mi mentisci così?  

Penelope sente la menzogna del marito e in cuor suo sa la verità e proprio per questo Ulisse la fa tacere, prima ancora che lei possa dire di averlo riconosciuto:

-         La tua fama regina è di essere una donna molto forte.

Ulisse deve mantenere fede al progetto, anche per questa coppia, dunque prima di riunificarsi con Penelope, deve essere certo di liberare la sua casa dai proci. Questo è vitale, necessario, primario, condizione senza la quale non c’è futuro né per sé, né per Penelope, per Telemaco, per Itaca. Ulisse non può tradire un progetto così grande e metterlo a rischio cadendo nella malinconia, certamente forte, di riabbracciare sua moglie. Così la esorta ad essere ancora forte.

A malincuore Penelope accetta ciò che narra di sé Ulisse. Prima di lasciarlo da solo però gli chiede un consiglio:

- Tu sai che la mia casa è infestata, Telemaco vuole liberarsi di me. Che devo fare?

Il mendicante le risponde: - Ulisse tornerà e si farà giustizia.

Penelope fa un passaggio importante in questo momento, perché accetta l’inganno, segue il progetto di Ulisse e crea alleanza con lui. Ma è anche il momento in cui esce dalla sua passività completamente e usa il suo potere creativo per contribuire alla riuscita del loro comune Progetto. Su suggerimento di Atena, dunque usando la sua saggezza, comunica che il successore al trono sarà colui che riuscirà a scagliare una freccia con l’arco che fu di suo marito e a farla passare attraverso dodici anelli.

Penelope sa che Ulisse è capace di usare quell’arco, conosce la sua forza. Da un certo punto di vista potrebbe anche voler mettere alla prova il marito, vent’anni dopo che se ne è andato e adesso che è tornato, vecchio e malconcio, per testare la sua volontà e decisione di sconfiggere definitivamente i deturpatori che ci sono a palazzo, l’io fetale e la madre divorante che ha abitano in loro.

 

Il rimprovero di Atena/ connettersi con il Sé

Atena suggerisce a Ulisse di andare a vedere i pretendenti da vicino per capire chi tra loro è giusto e chi non lo è. Questo al solo scopo di capire chi tra di loro è un leale avversario e chi invece potrebbe attaccarlo alle spalle, per batterli meglio: tutti i proci dovranno essere eliminati. Atena Vuole che Ulisse alzi il vino e provochi i principi e che essi lo insultino affinché rancore e odio scendano sempre di più nel suo cuore. Questo significa usare ogni cosa, anche le cose brutte, la forza che viene dall’odio (distruttiva-costruttiva) e le umiliazioni e trasformarle a favore dell’amore per il progetto.

Mentre Ulisse si avvicina a guardare i pretendenti negli occhi, questi lo deridono e il loro è un riso inestinguibile, perché inestinguibile è la loro superbia: nulla nutre la terra più meschino dell’uomo tra tutto ciò che respira e cammina sopra di essa. Tutta la casa tristemente risuona della loro allegria. Anche l’indovino scruta i loro cuori:

- Sciagurati pazzi, piangere dovreste, non vedete la rovina orrenda che sta sopra le vostre teste? Avete gli occhi completamente fasciati di tenebre?

Dopo aver scrutato i pretendenti Ulisse si rende conto che può contare solo su di sé e sull’aiuto di Telemaco, il porcaro Eumeo e il bovaro Filezio, del quale testa la fedeltà. Sono pochi e Ulisse teme la battaglia. Atena lo rimprovera: Sciocco! Ad altri basta l’aiuto di amici ben più deboli che sono mortali e ignorano il futuro e tu non hai fiducia in me che sono dea e che ti soccorro sempre, in ogni pericolo!

Ulisse allora si ricrede, ritrova il contatto con il Sé e si fida: Via, il piano tessilo tu, come potrò vendicarmi, e stammi accanto, forza audace a ispirarmi. E’ il Sé il primo vero alleato.

 

Chi sono i pretendenti?

I pretendenti rappresentano la materializzazione esterna dell’Io fetale di Ulisse, di Penelope e di Telemaco. Uccidere i proci significa uccidere Io fetale di tutti e tre. La scelta di abbandonare ogni hybris e vestirsi con i panni dell’umiltà più sincera è necessaria per guardare in faccia l’Io fetale, e scovare la menzogna in cui è immerso. Da sempre l’Io fetale invade lo spazio esistenziale dell’uomo e della donna togliendo potere all’Io adulto artista.

Per l’Io fetale conta solamente la sua sopravvivenza e il suo benessere, ha una pretesa infinita di risarcimento della sua ferita e non gli interessa che questa ferita venga riparata, non gli interessa il piacere e la gioia di nascere per sviluppare creativamente un Io adulto. Il principio del piacere porta avanti solo il progetto vendicativo e non la gioia di creare. Finché l’Io fetale predomina sull’Io adulto è difficile che accolga l’esistenza di qualcun altro, se non al suo servizio. Il compito di Ulisse è ancora più difficile perché il suo obiettivo è quello di raggiungere la concordia gloriosa, quindi si trova a scontrarsi non solo con le sue pretese, ma anche con quelle di Penelope.

 

La menzogna esistenziale

L’uomo tendenzialmente nega la verità, il principio di realtà, l’esistenza del suo lato oscuro strutturando quindi un falso sé e un ideale di perfezione. Il viaggio di Ulisse è il viaggio di un uomo che decide di affrontare i suoi mostri interni ed uscire dalla menzogna esistenziale.

Si può definire la menzogna esistenziale come un grosso inganno che l’uomo fa a se stesso. La menzogna si struttura come una maschera per difendersi dal dolore della verità e dall’angoscia di morte e viene usata per imporre agli altri la propria volontà di dominio, quindi più l’uomo mente a se stesso più la madre divorante prende potere e lo rende preda dei suoi stessi proci. La menzogna serve per rafforzare il proprio rifiuto di nascere e impedisce il passaggio dall’Io fetale a Io adulto.

Abbandonare questa menzogna significa abbandonare il ruolo di vittima per nascere al proprio potere artistico creativo e scegliere verità e bellezza al posto della menzogna e della bruttezza.

Ci vuole molto allenamento per uscire dalla menzogna, dalla volontà di potere e dall’assolutizzazione. Ci vuole una grande umiltà per mettersi in discussione, per poter fare delle capriole e trasformare la menzogna in verità. Di questo Ulisse ne è consapevole, gli ci sono voluti molti anni ed ha superato molte prove per trasformarsi nel profondo.

 

La trasgressione è necessaria ma fino a che punto?

Finchè è necessario guardare in faccia l’ Io fetale e decidere di fare il passaggio all’Io adulto. Fino a quando ci è utile per fare spazio all’Io adulto creativo. Con l’aiuto del se personale e del se cosmico è possibile capire il momento opportuno per fare il salto, ci vuole una grande astuzia per prepararsi al cambiamento e ci vuole una ferma decisione di amarsi.

Ulisse decide di amarsi nel momento in cui decide di volersi separare dal trauma subito, rinunciando di rimanere legato al dolore e questo gli permette di lasciare andare la rabbia e il progetto vendicativo.

Bisogna sapersi affidare alla vita anche quando tutto sembra perduto.

Antonio Mercurio suggerisce di farsi alcune domande quando tutto sembra: perché il sé ha voluto mettermi in questa situazione? Che progetto ha per me? Questo è un modo per unificare il mondo interno e il mondo esterno.

 

 

Buon lavoro a tutti.

 Dr.ssa Francesca Brabanti, Dr.ssa Alice Palloni

WEEKEND SOPHIA ARTISTICO DEL 14/15 APRILE 2018

sul film "L'UOMO DEI SOGNI"

INFO E ISCRIZIONI ENTRO IL 12 APRILE


 "Weekend intelligente" condotto da Dania Biagini, Francesca Brabanti, Lorenza Crocicchi, Alice Palloni che vi propongono la metodologia Sophiartistica, che utilizza il Cinema per diventareArtisti dellaVita.

Il metodo sophiartistico si concentra essenzialmente sulla capacità di un film di offrire processi trasformativi che creano nuova verità e nuova bellezza e sulla capacità che questi processi hanno di trasferirsi dalla vita di un film alla vita degli spettatori. Verità e bellezza sono due valori fondamentali per la vita dei popoli. La presenza di questi due valori è quella che distingue la civiltà dalla barbarie. Il processo trasformativo, che è sintesi di uguali e sintesi di opposti, crea bellezza e la bellezza è un campo di energia permanente che genera nuovi processi trasformativi, senza esaurirsi mai. (A. Mercurio)


Dedicato ai nostri padri, alle nostre madri,

ai nostri figli

Nascita di un sogno condiviso

L’idea di proporre il film L’uomo dei sogni per questo laboratorio è nata in un caldo pomeriggio di giugno, sedute a un tavolo all’aperto, a goderci insieme la fine di una giornata. Abbiamo sentito all’unisono il desiderio di approfondire un tema tanto affascinante quanto impegnativo: il rapporto col padre. Ci conosciamo da molti anni e in maniera intima e parlando ognuna della propria storia personale con il proprio padre biologico è stato evidente quanto la nostra scelta fosse stata profondamente dettata da un’urgenza, quella di risolvere la questione col padre, una questione “sempre aperta”. Via via si è delineata una figura complessa, quella di un padre a volte idealizzato (padre-eroe), aggressivo (padre-padrone), o al contrario incapace del suo ruolo (padre-castrato), o un padre ancora legato edipicamente come figlio al suo vissuto materno,un padre impaurito dalla vita... Ci sono tanti modi di essere padre e tanti modi con cui il principio paterno può essere percepito dentro ognuno di noi. Nonostante le differenti esperienze, comune è stata la volontà di trovare un modo nuovo di incontrare ilpadre interiore, riconoscendo al principio paterno che abita le profondità della Vita, il ruolo di guida per l’anima verso un progetto esistenziale che crea Bellezza. Ma… tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, perché incontrare il padre significa soprattutto abbandonare le certezze del conosciuto per andare incontro all’ignoto e questo ovviamente genera paura, se non terrore; eppure rinunciare significa anche rinunciare a perseguire il proprio progetto, rinunciare a una spinta propulsiva nei confronti della Vita, che è propria del principio paterno.

Questa spinta propulsiva verso il nostro progetto esistenziale, per quanto ci riguarda, nasce molti anni fa, nell’incontro con l’Antropologia Esistenziale di Antonio Mercurio con laScuola di counseling S.A.E.C. Bologna - Prato, dove abbiamo fatto il nostro percorso formativo come Persone, come Antropologhe e come Counselor.

Ci rendiamo conto che questo incontro ha significato un grande cambiamento nella nostra vita, una grande occasione di crescita, nella ricerca corale del senso che alla vita vogliamo dare autenticamente.

Siamo profondamente grate ai direttori della scuola, per l’amore con cui ci hanno aiutato a diventare Persone, per la fiducia e il riconoscimento delle nostre capacità che ci hanno dimostrato anche questa volta, proponendoci questo laboratorio.

E’ un impegno che ci prendiamo con il cuore, volentieri, con gratitudine e confidando nell’energia della Coralità. Siamo molto liete di accompagnarvi in questo viaggio per conoscere la Sophia art, certe che sarà un’occasione di riflessione e di lavoro intenso su temi importanti, una bella esperienza di condivisione delle proprie emozioni, per tutti.

Per entrare a pieno nell’argomento del laboratorio ci sembra utile dare alcune definizioni di termini che in questi due giorni insieme sentiremo spesso:

Cosa si intende per principio paterno?

Nel libro Cammino di crescita verso una bellezza che non muore, Emanuele Chimienti scrive: “il principio paterno può essere definito come tutto ciò che aiuta il figlio a diventare il più ampiamente, il più propriamente e il più efficacemente possibile adulto responsabile, attivo, cooperativo, (…) il principio paterno può essere precisato attraverso il confronto col principio materno:

-se il principio materno mira all’integrità del figlio, il principio paterno punta alla sua produttività

-se il principio materno cerca la quiete dell’esistere, il principio paterno cerca la creatività dell’agire

-se il principio materno rappresenta la concavità del raccogliere e del conservare, il principio paterno esprime la convessità del dare e del seminare

-se il principio materno coltiva l’essere, il principio paterno promuove il divenire; se il principio materno sospinge nel noto e nel sicuro, il principio paterno sprona verso l’ignoto ed il rischio

-se il principio materno tende a sviluppare l’individualità, il principio paterno spinge a sviluppare la totalità.

(…) il principio paterno non coincide con il principio di realtà, né con il concetto di limite, né con il valore della norma, né con l’idea di ordine, né con la forza del divieto, né con la funzione della legge, ma si riferisce a come conciliare il desiderio del soggetto con quella necessità, al fine della realizzazione”.I LIBRI CONSIGLIATI PER IL PROGRAMMA DI QUEST'ANNO

- Antonio Mercurio,Teoria della Persona, ed. S.U.R.

-Antonio Mercurio, Amore e Persona, ed. S.U.R.

-Antonio Mercurio, Amore, Libertà e Colpa, ed. S.U.R.

I LIBRI POSSONO ESSERE RICHIESTI A NOI OPPURE ALLA S.UR. (Sophia University of Rome)

SOPHIA UNIVERSITY OF ROME

Scuola di Antropologia Esistenziale Cosmoartistica  

Bologna - Prato

I direttori


A tutti gli interessati

Carissimi,

     Il circuito dell’apparire, manifestarsi e sparire diventa sempre più frenetico nel nostro mondo. Ogni cosa sembra vincolata a questo destino, come se a prevalere fosse l’oscurità dell’oblio, che tutto divora dopo aver concesso un bagliore di esistenza.

Fenomeni ed eventi di qualsiasi tipo e di qualsiasi portata, assurgono per un tempo sempre più breve alla nostra attenzione per poi scomparire nel buio o, come il dilagante nichilismo preferisce definire, nel nulla. Nell’indissolubile legame tra la Vita e la Morte, quest’ultima sembra accelerare la sua corsa, per afferrare “dal di dentro” la Vita stessa vanificando le sue creazioni.

Di questo assetto esistenziale, creato dall’inconscio collettivo dell’umanità sulla scia della deriva della visione e della strutturazione occidentale del mondo, siamo tutti partecipi, ognuno col suo contributo di paura a svincolarsi dal richiamo della massa, che come un Super-Io tirannico obbliga ad aderire al pensiero comune e a cibarsi ogni giorno del clima di lassismo e di terrore.

Nei vortici di questa tempesta della storia umana, la cosmo-art  lancia il suo appello.

Come un faro nella notte più oscura, si propone con un barlume di speranza, come fonte di luce capace di vincere le tenebre. Questa fonte di luce chiama la luce interiore del nostro Sé Personale a farsi strada dentro e fuori di noi, per incontrarsi con gli altri Sé Personali e insieme creare il Sé Corale, unica e concreta realtà capace di costruire una valida e solida alternativa, sia rispetto ai persecutori interni, sia rispetto alla dilagante e sistematica sparizione della Vita nelle fauci della Morte.

La cosmo-art  infatti trae la sua forza dal progetto di creare la Bellezza seconda, una forma di vita creata dall’uomo attraverso il potere artistico-spirituale di trasformare i materiali della vita, primo fra tutti il dolore, in bellezza immortale, sul modello di come gli artisti nei secoli hanno creato le loro opere d’arte, che noi ancora oggi e per il tempo a venire possiamo ammirare e cogliere nella loro essenza vivente.

 Da anni la SAEC si pone come spazio privilegiato per la creazione di questa bellezza. Come le antiche botteghe degli artisti, la nostra scuola rappresenta il campo di energia dove apprendere, condividere, partecipare e soprattutto creare la Bellezza seconda. Questo spazio prezioso della Scuola però non si sviluppa da solo, necessita della nostra decisione continua di sentirlo dentro di noi e di coltivarlo come un elemento centrale della nostra vita.

La Bellezza seconda è una realtà immateriale. Essa è più vicina alla bellezza della vita o del vivere che può essere percepita interiormente, piuttosto che alle bellezze della natura che possono essere percepite attraverso i cinque sensi, i quali sono rivolti all’esterno. La SAEC è concepita come scuola di vita proprio per specializzarsi nel percorso di conoscenza e creazione di realtà immateriali, prima fra tutte la bellezza seconda. Il nuovo Essere che nasce da questo percorso è l’Antropologo cosmo-artista, nuova figura umana e professionale capace di attuare trasformazioni con tutte le energie della vita.

Per realizzare questi scopi, quest’anno la SAEC offre un percorso che si articola su 7 Laboratori nella sede di Prato insieme ai 3 Laboratori, con gli altri Istituti della Sophia University of Rome, che si svolgono a Frascati. Oltre al gruppo antropologico e l’analisi personale, per gli allievi in formazione, è prevista la stesura di 4 tesine.

A seguire trovate il calendario specifico. L’apertura dell’anno accademico, sabato 24 settembre, aprirà le porte della Scuola a tutti quelli che avranno piacere e desiderio di conoscerci, per questo potete invitare le persone che credete abbiano un interesse in questo senso dopo averne parlato con Anna. Anna condurrà l’incontro e proporrà un “assaggio” delle nostre metodologie (sophiart, comunicazione corporea, scrittura cosmoartistica) con l’obiettivo di percepire e ascoltare il Sé personale e il Sé corale. Vi chiediamo di essere tutti presenti per concentrare al meglio i nostri valori e la nostra energia

Il nostro cuore è connesso con voi e proteso alla gioia di creare coralmente tanta Bellezza seconda! Vi aspettiamo e vi abbracciamo con affetto

Anna e Francesco

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