SCORDATO di Rocco Papaleo
Quante volte ci siamo detti, mi sento giù di tono! Solo se decidiamo di ascoltare l'amore per noi stessi,  diventiamo capaci di individuare le "note stonate" con cui ci impediamo di vivere Armonia e Bellezza. Insieme al Sè possiamo creare "accordi sempre nuovi" e tornare a vivere ritmi e  melodie della Vita nella nostra vita.

  5° Dib

attito Sophiartistico 

Sabato 17 febbraio ore 15.15 

sul film di Roger Michell

IL RITRATTO DEL DUCA

Non permetterò a nessuno di passeggiare nella mia mente con i piedi sporchi(Mahatma Gandhi)

ovvero

come impedire ai sensi di colpa di distruggere i progetti del Sé





7° DIBATTITO SOPHIARTISTICO
SABATO 27 MAGGIO 2023



IL FILM

Encanto è un film della Disney del 2021, diretto da Byron Howard e Jared Bush.

Nonostante sia uscito durante il periodo di pandemia, ha ottenuto un enorme

successo. La pellicola ha vinto il premio Oscar e il Golden Globe come miglior film

d’animazione. La colonna sonora, di Germane Franco, oltre ad essere stata

candidata a tantissimi premi, è diventata virale con la canzone “Non si nomina

Bruno” in testa alle classifiche di Spotify.

LA FAVOLA DI ENCANTO

Illustrazioni di Eleonora Padovani

C’era una volta una bella famiglia che viveva in un piccolo paese della Colombia. La

mamma si chiamava Alma Madrigal, il babbo Pedro ed i loro tre gemellini Julieta,

Pepa e Bruno. Nel villaggio crescevano tantissimi fiori colorati ed il tempo

trascorreva sereno e gioioso.

La piccola famiglia si trovò, ad un certo punto, a dover abbandonare la propria casa

minacciata da cavalieri oscuri e senza volto. Per mettersi al sicuro, fuggirono

insieme ad altri del villaggio durante la notte. Cammina cammina, si accorsero di

essere inseguiti da questi manigoldi armati. Pedro si rese subito conto che la

famiglia era in pericolo e per salvarla si consegnò ai banditi. Alma disperata e sola,

con i suoi piccolini al seno, addolorata e in lacrime, ricevette la fiamma magica di

una candela. Ed è a questo punto che, così narra la storia, accadde il miracolo,

l’ENCANTO: intensi bagliori di luce disegnarono una farfalla sulla candela che

illuminò il loro cammino, altissime montagne si alzarono tutte intorno formando una

valle. Ed al centro della valle prese vita “Casita”, una casa veramente molto molto

speciale.

 

Casita ha vita propria e diventa dimora per la famiglia Madrigal. Trascorrono i mesi,

passano gli anni e Julieta, Pepa e Bruno, crescono. Ognuno di loro, al compimento

del quinto anno di età, riceve in dono un talento, che si svela solo nel momento in cui

si apre una porta inondata di luce. Ogni talento è unico e speciale e deve essere

messo a disposizione per il bene della famiglia e dei compaesani. Le stagioni intanto

si susseguono, Alma diventa nonna, la matriarca, e il rito si ripete anche per i suoi

nipoti.

Solo una di loro, Mirabel, non lo riceve. La sua porta svanisce, ma lei non si abbatte

e si dedica con amore e disponibilità alle esigenze di chi chiede il suo aiuto.

Quando Mirabel ha 15 anni, cominciano ad accadere eventi strani ed inquietanti: il

miracolo è in pericolo. “Io salverò il miracolo!” afferma, sicurissima di riuscire a

svelare ogni mistero. Ritrova infatti lo zio Bruno che aveva il dono di prevedere il

futuro, fuggito anni prima per non dover svelare una pericolosa profezia, che alla fine

comunque si realizza. È solo grazie alla perseveranza di Mirabel, che tutti insieme

ricostruiscono Casita e con amore danno nuova vita alla comunità di Encanto.

TALENTO O GABBIA?

Da sempre nel mondo si tramandano di generazione in generazione storie

fantastiche, leggende, fiabe bellissime. Storie che cambiano nel corso del tempo,

che prendono la forma della cultura nella quale sono immerse.

Questa è la storia della famiglia Madrigal e del loro miracolo, “l’Encanto”. È la storia

di come da un grande dolore, attraverso un percorso di trasformazione, si può creare

la Bellezza che prima non c’era. Dal dolore per la morte di suo marito Pedro e la

perdita di tutto quello che aveva, Abuela vede una candela accendersi, una luce,

una speranza e riceve l’Encanto, un posto sicuro in cui far crescere i suoi figli al

riparo dalle avversità.

 

Il miracolo non è solo un luogo sicuro, ma un talento straordinario che viene

trasmesso ai suoi tre figli e alle successive generazioni. All’inizio del film questi

talenti ci vengono presentati dalla protagonista Mirabel. Pepa controlla il tempo

atmosferico con il suo umore, Bruno vede il futuro, Julieta è in grado di curare le

persone con il suo cibo. Camilo cambia forma, Dolores riesce a sentire in

lontananza, Isabela controlla i fiori e le piante, Luisa ha una forza straordinaria. E poi

c’è Mirabel che di talenti non ne ha, ma non è stata una sua scelta. Dopo aver

superato la delusione della cerimonia, lei accetta, supera il fatto di non avere un

talento e si dà da fare per il bene della famiglia. Per questa ragione, tutti la trattano

come se non fosse capace, come se valesse di meno. Lei non può essere utile

perché non ha un talento. E anche noi spettatori ci sentiamo tristi di fronte a questo,

perché sappiamo che è vero: Mirabel non ha un talento.

Ma che cos’è davvero un talento? Il talento è influenzato da almeno tre componenti:

la facilità con cui si fa qualcosa, il piacere e il riconoscimento degli altri. E questo

porta ad una contraddizione che emerge verso la metà del film: il talento non è

oggettivo, è un’etichetta che ti viene imposta dall’esterno. Tuttavia, almeno nella

prima parte, la sua definizione è affiancata dalla straordinarietà della magia dei

membri della famiglia Madrigal. Tutti sono presi dalle loro doti e Abuela, con

l’illusione di mantenere equilibrio e prosperità, inconsapevolmente trasmette e

obbliga a compiti straordinari: costringe Isabela ad essere perfetta e felice, Luisa a

mettere la sua forza al servizio di tutti senza mai poter mostrare fragilità, e a tutti gli

altri membri della famiglia ad assumere un ruolo immutabile che diventa

inevitabilmente una gabbia che impedisce la creatività e la crescita. I Madrigal non

riescono a vedere la prigione incantata in cui vivono.

Il film parla della nostra realtà. Quante volte ci siamo ritrovati, anche

inconsapevolmente, a ricoprire dei ruoli, delle dinamiche specifiche in famiglia, con

gli amici, a lavoro?

Nella società di oggi ci viene richiesto continuamente di essere straordinari,

produttivi, bellissimi, bravissimi, perfetti. Ma basta guardarsi intorno per rendersi

conto che gli standard richiesti creano costantemente nuove gabbie in cui ognuno di

noi vive senza accorgersene. Nell’illusione di un desiderio nostalgico di perfezione,

come i ricordi di quando eravamo bambini, aumentano l’ansia, la tristezza, i conflitti.

E questo avviene anche nelle dinamiche familiari. Quante volte si sentono storie di

giovani che intraprendono percorsi per seguire le orme del padre o della madre.

Oppure l’esatto contrario: giovani che si rifugiano nelle loro stanze perché la

pressione e le aspettative sono troppo alte.

Mirabel non è costretta in un talento ed è proprio questo che le permette di vedere la

prigione. Riesce a vedere le cose da un nuovo punto di vista e di superare

coraggiosamente quell’isolamento dovuto al suo sentirsi diversa. È libera, sente la

voce del Sé e lo segue. La sua libertà le dà occhi nuovi.

“Il primo progetto del Sé è la conquista della libertà. Libertà dalle nevrosi, dalla

possessività, dai condizionamenti” (Le leggi della vita - Antonio Mercurio).

 

Nell’Antropologia Esistenziale il Sé rappresenta la voce interiore dell’Io capace di

investirlo di energia positiva e progettualità. Il Sé è la progettualità individuale.

Bisogna imparare ad ascoltare la voce del Sé e fare di tutto per realizzare la propria

progettualità. Il mondo cambia, le società cambiano e anche il corso della storia può

cambiare quando Mirabel vede chiaro che non è importante avere un talento

straordinario ma darsi un progetto.

IN CHE MOMENTO LA STORIA CAMBIA?

Durante la prima parte del film siamo immersi in una dimensione di meraviglia fatta

di talenti magici e sorrisi sgargianti tutti concentrati alla preparazione della festa di

Antonio che sta per ricevere il suo talento. Va tutto apparentemente bene. Solo

Mirabel diventa custode della paura di suo cugino che teme di non ricevere il talento.

La cerimonia del piccolo Antonio è per Mirabel un momento importante, in cui entra

in contatto con una dura verità e con il dolore. Affrontare la verità, anche se fredda e

pungente, è un passo necessario per crescere ed evolvere. Affrontare le nostre ferite

profonde è doloroso, ma solo così possiamo iniziare il nostro processo di perdono

verso noi stessi e iniziare ad amarci.

“Accettate il mare. Accettate il dolore, quando è sano e non masochistico o frutto

dell’odio per voi stessi, e trasformatelo in energia per creare e per navigare [...]”

(Regola IX - Regole per la navigazione notturna degli Ulissidi - A. Mercurio).

Quando Mirabel entra nel dolore, cambia e decide di fidarsi di quello che sente e

vede perché, al contrario di quello che tutti pensano, non va affatto tutto bene. Ci

sono delle crepe nella casita, la gabbia sta crollando.

È in quel momento che inizia ad esplorare la storia della famiglia. Cerca lo zio Bruno

che era scomparso anni prima per il timore del giudizio della madre su una terribile

visione che aveva avuto sul futuro di Encanto.

“Non si nomina Bruno”, lo ripetono tutti continuamente, non si parla del passato nella

famiglia Madrigal, non si parla dell’imperfezione. Non si entra nel dolore.

La ricerca di Bruno rappresenta la trasgressione che Mirabel mette in atto come

primo passaggio verso l’affermazione di sé stessa. Nomina e cerca lo zio Bruno

perché sente che troverà delle risposte a quella tragica visione.

Questa ricerca crea un dialogo più aperto con tutti i membri della famiglia, indaga e

le viene confermato che non va tutto bene. Fino ad arrivare ad Abuela, che di fronte

alla dolorosa verità accusa Mirabel di essere la causa dei problemi di Encanto. Da

questo scontro si scatena un terremoto, la profezia si realizza e casita crolla.

Soltanto quando Abuela entra in contatto con il passato, con il ricordo traumatico,

con il dolore, è possibile la ricostruzione della famiglia e della casa.

Si può pensare che casita sia la nostra struttura interna, che è stata costruita nel

corso degli anni e che viene trasmessa. Nel momento in cui Abuela aveva ricevuto il

miracolo, era apparsa casita, in soccorso dopo il sacrificio fatto da Pedro e da lei che

si è ritrovata da sola con tre neonati a ricostruirsi una vita lontana dai pericoli, come

una grande difesa che diventa una fortezza. Onorare la memoria del marito e

 

dedicare completamente la sua vita alla prosperità del villaggio diventa, così, la sua

missione dopo il trauma. Quando viviamo degli eventi traumatici, entriamo in

contatto con un forte dolore che rimane impresso dentro di noi.

Dopo la morte di Pedro, non c’era stato modo di rielaborare il dolore, Abuela doveva

darsi da fare affinché tutto andasse bene. E tutti seguivano lei negando qualsiasi

evento spiacevole che accadeva e allontanando qualsiasi minaccia di cambiamento.

Tuttavia Luisa, la forzuta, vive il senso di colpa di essere fragile, la zia Pepa, non può

minimamente arrabbiarsi perché scatena un uragano, tutti attaccano Bruno che si

ritira, sparisce. Abuela all’inizio nega le possibili crepe di casita, e Mirabel stessa si

rifiuta di credere di non possedere un talento. Ma se quello schema era servito per

anni ad andare avanti, quel “va tutto bene” diventa la gabbia in cui tutti si ritrovano.

Questa riflessione pone alcune domande: quali condizionamenti ci vengono

trasmessi dalla famiglia, dalla scuola, dalla società? Qual è il nostro “va tutto bene”?

Evitare il cambiamento è un meccanismo di difesa, e spesso rinunciamo

all’autenticità per compiacere. Gli occhi di Mirabel sono in grado finalmente di vedere

questo schema e di restituirlo alla nonna sulla riva del fiume. La visione di Bruno non

era univoca. Bisogna avere fiducia e seguire quella farfalla luminosa, il proprio Sé,

per scoprire cosa succederà. Ed è in quel momento che avviene il perdono, un

abbraccio in cui entrambe riconoscono il valore e l’unicità dell’altra. Tutti si danno da

fare per ricostruire casita e Bruno ritorna. La candela del miracolo si riaccende

quando Mirabel vede la sua immagine riflessa e per la prima volta si vede ed è vista

nella sua autenticità. Encanto si è trasformata, è un posto nuovo.

“È Persona, totalmente realizzata come tale, colui che è capace di amare se stesso,

amare gli altri ed essere amato nella libertà” - Antonio Mercurio

Per chi volesse approfondire:

Antonio Mercurio, La Sophia-Analisi e il Principio della Gioia (Editoriale sull’Amore),

ed. SUR Roma

Antonio Mercurio, Teoremi e Assiomi della Cosmoart, ed. SUR Roma

Locandina a cura di:

Dania Biagini, Francesca Brabanti, Adele Cossu, Lorenza Crocicchi, Margherita

Giugliano, Eleonora Padovani, Carmine Pascuzzo.

Con la supervisione di Anna Agresti

Maggio 202

PROIEZIONE E DIBATTITO IN CHIAVE SOPHIARTISTICA
Domenica 1 dicembre ore 16/19
"THE WIFE"  di Björn Runge

Per il ciclo proiezioni e dibattito in chiave sophiartistica, domenica lavoreremo insieme sul film  The wife - vivere nell'ombra:
Joe e Joan, marito e moglie, ricevono una telefonata dalla Svezia: Joe, affermato scrittore, ha vinto il Premio Nobel per la letteratura. Questo evento rompe l'idillio, del tutto apparente, che la coppia ha mantenuto per quarant'anni di matrimonio, svelandone i compromessi, gli inganni e il rancore covato per una vita.
Argomento del dibattito: vivere nell'ombra
Parlando con il biografo del marito Joan dice: "non mi dipinga come una vittima, io sono molto più interessante". Joan ha rinunciato al suo talento in favore della carriera del marito, vivendo nell'ombra.
Cosa agiamo "nell' ombra"?
Assumere la posizione di vittima degli eventi è una modalità molto comune, perchè deresposabilizza se stessi dalla complicità, più o meno conscia, con ciò che ci accade.
Conduce il dibattito la dr.ssa Francesca Brabanti, psicologa psicoterapeuta.
Al dibattito seguirà aperitivo.
È gradita la prenotazione.
Contributo: 8 euro.
Per info: msg sulla pg facebook oppure 3471271871/54


PROIEZIONE E DIBATTITO IN CHIAVE SOPOHIARTISTICA
Domenica 17 novembre alle ore 16
"HEIDI" di Alain Gasponer

La storia di Heidi è senza tempo perché tocca temi universali, per questo il suo personaggio è famoso in tutto il mondo. Heidi, rimasta orfana, va alla conquista di affetti sicuri, un luogo dove sentirsi protetta, amata e libera. Una bambina grata alla vita e coraggiosa che rimane fedele al suo progetto. Se nella vita c’è qualcosa che ti rende felice tu devi farlo a tutti i costi, qualunque cosa dica la gente. (dal film) Alla luce di questo film, possiamo darci la possibilità di uscire dai condizionamenti per essere fedeli al nostro Sé?

tema del dibattito: la bellezza della libertà

Al dibattito seguirà aperitivo, contributo 8 euro
Gradita la prenotazione
per info: msg sulla pagina facebook oppure 3471271854-71



PROIEZIONE E DIBATTITO IN CHIAVE SOPHIARTISTICA

Domenica 3 novembre alle ore 16

"Il matrimonio che vorrei" di David Frankel

Un uomo e una donna maturi, un matrimonio che con il passare del tempo è diventato soltanto un’abitudine, uno spazio distante e grigio dove non si dialoga più, dove tutto è scontato, dove non si condividono i pensieri e le emozioni, un rapporto logoro che crea solo insoddisfazione e infelicità. E' possibile trasformare questa realtà anaffettiva e mortificante in una realtà ricca e rinnovata, è possibile ritrovarsi come Persone e come Coppia? E' una strada in salita da percorrere, ci sono muri costruiti nel tempo che devono essere distrutti, vecchi rancori da superare e l’orgoglio da abbattere. Solo l’amore per Se stessi, per l’Altro e per la Vita può dare la forza necessaria ad acquisire la consapevolezza dei propri errori e dei propri limiti, e soprattutto ci vuole il Coraggio e Umiltà di mettersi profondamente in gioco. Con queste carte vincenti il progetto di coppia può ritrovare la sua ragione di essere e di rinnovarsi e splendere ad ogni età della vita.
tema del dibattito: la fatica e la bellezza di mettersi in gioco nella coppia
Conduce: dr.ssa Anna Agresti, psicoterapeuta
Al dibattito seguirà aperitivo, contributo: 8 euro
Gradita la prenotazione.
Per info: msg sulla pagina fb oppure 347/1271854-71

PROIEZIONI E DIBATTITI IN CHIAVE SOPHIARTISTICA

Domenica 13 ottobre alle ore 16

"La bicicletta verde" di Haifaa Al-Mansour

Con il film La bicicletta verde riparte il ciclo di incontri proiezioni e dibattito in chiave sophiartistica di quest'anno.
Wadjda vive nella periferia di Riyadh, la capitale saudita. Nonostante viva in un mondo tradizionalista è una bambina intraprendente, decisa a superare i limiti della sua cultura. Dopo una lite con l’amico Abdullah, un ragazzino del quartiere con cui non ha il permesso di giocare, Wadjda mette gli occhi su una bicicletta verde, in vendita nel negozio vicino casa. Wadjda desidera averla a tutti i costi e poter battere l’amico Abdullah in una gara su due ruote e per realizzare il suo sogno adopera tutta la creatività di cui dispone.
Tema del dibattito: il potere creativo del femminile.
Il dibattito è condotto con il metodo sophiartistico di A. Mercurio. La sophia-art (saggezza dell’arte) è un utile strumento e stimolo per indagare su noi stessi e sui meccanismi che muovono le fila della nostra esistenza.
conduce il dibattito la dr.ssa Francesca Brabanti, psicologa,psicoterapeuta
Contributo: 8 euro , al dibattito seguirà aperitivo
E’ gradita la prenotazione al 3471271871/54
vi aspettiamo!

  

cinematerapia, ovvero... Sophia-art  ... ovvero...allenarsi a fare della propria vita un'opera d'arte          

Da venti anni Microcosmo sperimenta la critica Sophiartistica di un film. (CINEMATERAPIA) 

Si tratta......di considerare un film come fatto da tante tessere di mosaico e convincersi che nessuna di queste tessere è stata messa lì a caso: ognuna è indispensabile per poter capire la figura d’insieme.Ma ogni tessera ha due facce, una manifesta e una latente.Quella manifesta serve per raccontare una storia e quella latente serve per imprimere a questa storia un significato particolare, quello che il regista vuole condensare nella sua opera, per parlare del modo come lui vede la vita e come vede i suoi problemi, siano essi sociali, storici o esistenziali.

Una chiave di lettura è una chiave per aprire il forziere delle immagini. E’ un modo di tagliare un film come si taglia una pietra preziosa e darle quelle sfaccettature che essa conteneva ma non erano visibili....

...Nel fare questo lavoro ho seguito questo principio: essere fedele al regista ed essere fedele a me stesso. L’essere fedele al regista mi permette di entrare nel suo mondo e di guardare il mondo e la vita con i suoi occhi. L’essere fedele a me stesso mi permette di dialogare con il regista, essendo io il suo interlocutore e il destinatario privilegiato della sua comunicazione. Dialogando con il regista, dialogo anche con me stesso, e gli interrogativi che lui si pone sono gli interrogativi che io mi pongo; le soluzioni e le risposte che lui mi offre le confronto con le risposte e le soluzioni che io già posseggo e poi ne faccio un confronto. E’ qui che avviene una sorta di fecondazione spirituale, tra quello che è  il mio mondo e il mondo dell’artista che ha fatto il film.

Io posso aprirmi e dialogare con lui e dialogando con lui, interpellare le mie parti profonde, scontrarmi con gli schemi mentali acquisiti e decidere se voglio cambiarli o meno, se voglio cambiarmi oppure no. Questa fusione è un opera d’arte e quindi non soltanto il regista è un artista, ma anch’io sono un artista, divento artista nel momento in cui do inizio alla fusione di due mondi diversi e sconosciuti fra loro. Il metodo sophiartistico si concentra essenzialmente sulla capacità di un film di offrire processi trasformativi che creano nuova verità e nuova bellezza e sulla capacità che questi processi hanno di trasferirsi dalla vita di un film alla vita degli spettatori. Il processo trasformativo, che è sintesi di uguali e sintesi di opposti, crea bellezza e la bellezza è un campo di energia permanente che genera nuovi processi trasformativi, senza esaurisi mai. (A. Mercurio - “ La vita come opera d’arte e la vita come dono spiegata in 41 film” ed.  S.U.R. 1995)

Questa particolare chiave di lettura rimanda ad una disciplina nata e sviluppatasi nell'ambito della Sophia University of Rome, la Sophia-Art o Cinematerapia (www.sur.it).  

Riprendono i dibattiti in chiave Sophiartistica con................

PROIEZIONE E DIBATTITO SOPHIARTISTICO

Loversjpg

SABATO 12 NOVEMBRE ORE 15,30


"L'ignoranza è una benedizione ma affinché la benedizione sia reale, l'ignoranza deve essere così profonda da non sospettare neppure di se stessa” E. Allan Poe


“... trasformare l’Essere in Amore, questo porta alla gioia, questo è lo scopo che la vita assegna all’uomo, questa è la meta che fa dell’uomo una persona compiuta” A. Mercurio

IL FILM

Un film del 2017 scritto e diretto da Matteo Vicino, proiettato in America, Portogallo e Inghilterra prima di essere distribuito in Italia. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, soprattutto all'estero, tra cui:

Fort Lauderdale International Film Festival – 2017

Standing ovation for Best Director in a Foreign Movie

Best Director Foreign Picture

Lisbon International Film Festival - 2017 (Best Narrative Film)

Crystal Palace International Film Festival London - 2017 (Best Feature Film)

The Valley North Hollywood International Film Festival - 2017 (Candidatura miglior film)

Asti Film Festival - 2017 (Premio Speciale della Critica)

Philadelphia Independent Awards - 2017 (Best Picture)

Pulcinella Film Festival Napoli - 2017 (Gran Premio della Giuria)


TRAMA

In una Bologna contemporanea, si snodano storie amorose e di amicizia che portano alla luce le difficoltà di costruire relazioni autentiche.

Il film è narrato in quattro episodi principali, in cui gli attori, sempre gli stessi, cambiano di ruolo e posizioni “esistenziali”. La sequenza temporale non è definita, molto viene lasciato all’interpretazione dello spettatore, a cui viene chiesto, allo stesso modo, di cambiare punto di vista e prospettiva.


LETTURA SOPHIARTISTICA DI UN FILM

Ci sono film che sono delle vere e proprie opere d’arte nel cogliere i vari aspetti dell’animo umano. I film che ci interessano maggiormente sono quelli che raccontano una trasformazione perché possiamo utilizzare l’arte espressa dal film e dal regista per contattare la stessa arte trasformativa presente dentro ognuno di noi. In questo senso la Sophia-art (saggezza dell’arte) che ci ha donato il nostro maestro Antonio Mercurio, è un utile strumento e stimolo per indagare su noi stessi e sui meccanismi che muovono le fila della nostra esistenza.


UNA CHIAVE DI LETTURA

LOVƎRS - L’amore e il suo contrario

Nell’ignoranza di una cultura sull’amore, la relazione con se stessi e con gli altri si ripete ciclicamente: un gioco dell’oca in cui si ripropongono schemi sterili e superficiali ai quali non sembrano esserci alternative. Una società che non si fa carico dell’educazione emotiva, che non si prende cura della persona in quanto tale, è destinata all’alienazione.

Lovɘrs è un film su come l’amore non è.

I protagonisti si muovono e cozzano contro gli stessi problemi e a turno ognuno si propone come vittima o aggressore nella relazione. La quasi totale assenza di consapevolezza e conoscenza, lascia spazio a falsi miti: l’amore romantico, la fama, la ricchezza come realizzazione personale.

Il film si snoda attraverso storie di relazioni in cui l’incontro con l’altro non si realizza mai veramente. In ogni episodio vengono declinati possibili scenari che hanno come base l’individualismo. Sembrerebbe che l’amore si possa vivere solo in maniera egoistica. Forse perché è più semplice chiudersi nelle proprie credenze e condizionamenti piuttosto che rischiare di perdere parti di sé nell'incontro con l’altro?

Nella ricerca esclusiva del piacere individuale si abdica alla progettualità comune e il potere personale è utilizzato in maniera manipolatoria sull’altro.

Il film è provocatorio e mette in luce la difficoltà esistenziale dell’essere umano di connettersi col proprio Sé.  


Ma che soluzione possiamo trovare per vivere in maniera autentica l’altro da noi? Che valore vogliamo dare oggi all’amore e all’amicizia?

Possiamo ridurci ad essere come automi e generare continuamente le stesse dinamiche, individualismo, egoismo, gelosia, tradimento, vendetta oppure possiamo darci un’identità diversa, attraverso la costruzione di una diversa cultura dell’amore e delle relazioni umane.

Possiamo dunque riconnetterci con tutte le nostre parti per ritrovare e creare la Bellezza perduta della vita.


Per analizzare le principali dinamiche presenti nel film divideremo i temi per episodi, seguendo la logica data dal regista.


EPISODIO 1

Il primo tradimento è quello verso se stessi

Il freddo cinismo e il rancore nei confronti dell’altro portano i protagonisti a creare dinamiche esplosive.

In questo episodio, l’orgoglio ferito e l’incapacità di superarlo hanno come conseguenza una morte, attraverso un tentato omicidio che diventa suicidio.

Simbolicamente si verifica una morte a livello “spirituale” ogni qualvolta non si rimane in contatto con l’amore per se stessi.

Sia che si tratti di aspettative che vengono disattese, sia che si tratti di annullarsi per rendere felice l’altro, la dinamica è la stessa: la rinuncia al proprio Progetto Esistenziale. Non c’è autentico altruismo che non contempli l’amore per se stessi.

Essere disponibili aI tradimento di sé e della propria progettualità si manifesterà nella realtà esterna facendo sì che le migliori energie vengano impiegate per un progetto che non è nostro nè condiviso e questo è distruttivo.

La vita chiede continue trasformazioni, e trasformarsi non è facile, occorre essere disposti ad attraversare il dolore. Spesso per non sentire questo dolore, ci si protegge con la razionalità estrema, con la freddezza, o con l’indifferenza, fino al punto di considerare l’altro un mezzo attraverso cui avviene la nostra realizzazione.

Ma che valore ha una persona? Che valore abbiamo come persone?

Secondo la definizione di Antonio Mercurio, Persona è un fine e non un mezzo, è colui che è in grado di amare se stesso, amare l’altro ed essere amato nella Libertà. Con questa nuova consapevolezza la cultura dell’amore può cambiare: l’incontro con l’altro non avviene attraverso l’annullamento del singolo ma con l’unificazione armoniosa delle parti.


EPISODIO 2

L’amore come possesso

Il secondo episodio inizia nel negozio di articoli sportivi, dove i due protagonisti lavorano come commessi.

La seduzione viene utilizzata come strumento principale per raggiungere obiettivi ambiziosi, perdendo di vista se stessi e gli altri.

L’inganno nell’amore e nell’amicizia è la dinamica attraverso cui si dipana la storia. Ma il tradimento primario è verso se stessi, dopodiché diventa giustificata e quasi lecita l'infedeltà nella coppia e nella vita.

Quando i sentimenti duraturi non esistono non si pone il problema di rimanere fedeli a se stessi. Qui leggiamo un doppio tradimento: verso il proprio Progetto Esistenziale e verso la coppia.

Quando l’amore c’è è soprattutto possesso perché l’altro non viene visto né percepito nella sua interezza di persona ma come una parte mancante di sé di cui ri-appropriarsi.

L’amore possesso non è una soluzione definitiva alla mancanza, ma porta alla distruzione dei rapporti. Il potere esercitato sugli altri per il proprio interesse è distruttivo, mentre il potere creativo è quello utilizzato per creare Bellezza.

In questo contesto la soluzione sta nella scelta tra l’amore e l’odio. Scegliere l’odio porta alla distruzione, scegliere l’amore libera e crea. Ognuno di noi ha questa possibilità di scelta, sempre.

Di fronte ad una ferita, possiamo reagire odiando e vendicandoci oppure perdonare per l'offesa ricevuta e creare così una dimensione che prima non c’era. Questo è il passaggio dalla dimensione psichica, fatta di reazioni, di condizionamenti familiari e sociali, a quella spirituale centrata sul Sé.


EPISODIO 3

La paura dell’abbandono

Perché a volte si vive l’amore con la paura dell’abbandono? Cosa temiamo veramente?

Il centro della storia del terzo episodio è la gelosia, dietro la quale si cela una profonda ferita: la perdita della fiducia negli uomini. Questa ferita scatena dinamiche di manipolazione e di rabbia nei confronti degli altri tre protagonisti nonostante i comportamenti siano rispettosi e non provocatori.

Il non aver risolto i vissuti antichi, il non essere entrati in contatto con le proprie emozioni e autenticità, porta a vivere nel rapporto con l’altro atteggiamenti volti a soddisfare i bisogni irrisolti, senza riconoscere l’altro nella sua interezza e nella sua libertà.

Assumersi le responsabilità dei propri veleni esistenziali e perdonarsi, rende liberi dal rapporto di dipendenza e consente di liberare l’altro dal ruolo di salvataggio proiettivo che gli viene attribuito. In poche parole se sviluppiamo la nostra libertà riconosciamo anche la libertà dell’altro, scegliendo così di ascoltare il nostro Sé.


EPISODIO 4

Il progetto vendicativo

L’ultimo episodio si apre con una conferenza di uno scrittore incompreso che fa della sua cultura un motivo di vanto per esaltare il proprio ego e per umiliare gli altri. Il progetto di vendetta si dipana in un susseguirsi di menzogne e false identità, in cui facilmente si rinuncia alla propria autenticità in cambio di successo e fama.  

Ma il mio ego corrisponde alla mia identità? No, l’ego ha a che fare con la mia parte psichica, mentre la mia identità come persona è più profonda ed è legata alla mia unicità.

Quando non si è riconosciuti e amati per come si è si incontra il dolore. Di fronte alla ferita può nascere un progetto vendicativo che continua ad agire seminando odio nelle relazioni, senza restituirci benessere. È più facile odiare seguendo un condizionamento che assumersi la responsabilità di un’evoluzione e le relazioni umane diventano sterili, così come l’arte senza emozioni cessa di essere arte.

Fare della propria vita un’opera d’arte vuol dire imparare a fare continua sintesi degli opposti: tra amore e odio, libertà e schiavitù, verità e menzogna, orgoglio e umiltà…



Mai come oggi, i giovani, gli adulti “ [...]. si sentono ingannati, strumentalizzati, disperati per la loro vita non vissuta. Stanno sprofondando in una sorta di anomia e di carenza di presenza sociale. [...] Riteniamo che, per capirli, bisogna immergersi in questo lungo presente senza modelli, analizzare quella dimensione utopica, dato costante che emerge dalla loro ribellione, non con gli strumenti limitati e ristretti di una cultura ormai logora e usata, bensì nella prospettiva di una cultura antagonista: la cultura dell’amore”. (Antonio Mercurio - Lettera agli uomini)


SCENA FINALE

Per la lettura che abbiamo dato a questo film la scena finale rappresenta la chiusura di un ciclo e l’apertura a una nuova possibilità. Come artisti della vita sta a noi prendere quelle decisioni evolutive che possono cambiare il corso della storia.

 






 Microcosmo, 16 Ottobre 2022


Locandina a cura di:

Anna Agresti,

Dania Biagini, Francesca Brabanti, Adele Cossu, Lorenza Crocicchi, Margherita Giugliano, Eleonora Padovani, Carmine Pascuzzo.




Proiezione e dibattito Sophiartistico

 Sabato 18 Marzo 2023 ore 15.15
sul film di Wes Anderson



Il treno per il Darjeeling The Darjeeling Limited  Associazione  Filmeeting






IL TRENO PER DARJEELING

 dal caos alla rinascita esistenziale

 Il treno per Darjeeling è un film del 2007 diretto da Wes Anderson. Ha vinto il Leoncino d’oro alla 64° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

La trama


Tre fratelli, Francis, Peter e Jack, pur volendosi bene, non si parlano veramente da molto tempo e non si sono più visti dal funerale del loro padre morto un anno prima.
Francis, il maggiore, ha da poco subito un gravissimo incidente che gli ha fatto vedere in faccia la morte ed è per questo che si è fatto promotore di un importante progetto di rinascita: la sua intenzione è quella di condividere con i fratelli un viaggio spirituale in India per affrontare le dinamiche ancora presenti fra di loro, scioglierne i nodi e ritrovare la bellezza perduta dell’armonia.
Inizia così il loro viaggio che si rivela pieno di peripezie.


Questo film ci fa vedere con chiarezza come gli ostacoli che si manifestano nella vita non siano altro che i messaggi che il Sé ci manda per indicarci un programma ben preciso: quali sono le parti irrisolte che inutilmente ci trasciniamo dietro dal passato e come risolverle.
Sarà un Viaggio interiore che porterà i tre fratelli a ritrovare i legami perduti e lasciar andare il peso dei cattivi ricordi. Un viaggio anche per noi, o almeno uno spunto per una decisione di ri-nascita esistenziale.
Questo viaggio dev’essere un percorso spirituale in cui ciascuno di noi va in cerca dell’ignoto per capirlo meglio -dice Francis ai fratelli.
Il tema del film introduce quella che secondo l’Antropologia Esistenziale Cosmoartistica è la dimensione spirituale dell’essere umano che definisce la Persona come un principio spirituale in divenire, che non è mai un mezzo ma è un fine per se stessa.
La spiritualità nella concezione di Antonio Mercurio non è intesa nell’accezione religiosa cristiana o di qualsiasi altra cultura, ma come qualità emergente dell’umanità e si trova in ciascun individuo.
Il film è ambientato in India, terra intrisa di una spiritualità che si evidenzia nei suggestivi riti, nei molteplici templi, nella sacralità attribuita anche agli animali.
Antonio Mercurio afferma che questa dimensione spirituale interiore è insita nella libertà di scegliere tra il bene e il male, tra l’odio e l’amore. Il viaggio spirituale che connota i tre fratelli come iniziati a questa dimensione, viene percorso in divenire partendo dalla superficie fino ad arrivare nelle profondità di loro stessi, portando infine alla pace i tre protagonisti, ormai capaci di perdonare se stessi e di perdonare coloro che in passato hanno avuto mancanze nei loro confronti.

Dal caos alla ri-nascita esistenziale


C’è tutta una corsa nel film, una con-fusione di intenti, un malessere manifestato qua e là oltre al tentativo di tenere tutto e tutti sotto controllo con modalità incalzanti e complicità manipolatorie. Tutti e tre soffrono per qualcosa che è andato storto nelle loro vite e ricorrono a grandi quantità di tranquillanti di ogni tipo per non avvertirne il dolore.
Onnipresenti, le valigie appartenute al padre morto, che forse contengono ancora i suoi oggetti, li seguono nel viaggio. I fratelli si portano dietro un peso inutile ed un grande vuoto.
L'ingombro e il peso delle valigie sono il simbolo dello stesso peso e dello stesso ingombro che si portano dentro. Il vuoto è quello di essere cresciuti senza la madre che quando erano ancora piccoli se n’è andata per fare la suora in India. Dai loro sguardi e dai loro comportamenti immaginiamo che siano stati dei bambini molto bisognosi, divenuti poi adulti con un grande vuoto esistenziale da colmare.
E’ questo che rende le loro vite caotiche, incerte e mal vissute.
L’occasione di ritrovarsi inizialmente accettata con accondiscendenza piuttosto che in maniera attiva, è pur sempre utile per assecondare la spinta del Sé, che spesso opera a nostra insaputa.
Che ben venga allora la confusione, quando questa rende la misura colma e sollecita ad essere creativi per trovare strade che portino alla ri-nascita esistenziale!


Cosa significa rinascita esistenziale


La vita non inizia nel momento della nascita, ma al momento del concepimento. Qui, nell’utero della madre, sperimentiamo immediatamente la bellezza della vita attraverso l’amore materno ma anche traumi e condizionamenti. Dai primi ci difendiamo mantenendoli inconsci per la gran parte del tempo; in quanto ai condizionamenti, inevitabilmente ci accompagneranno nella crescita allontanandoci dalla nostra essenza.
Inizialmente possiamo vivere con-fusi con le figure parentali, assimilando i loro schemi di comportamento che diventano i nostri, e può darsi che il Sè personale non si faccia sentire o che non venga ascoltato nel timore di non essere amati.
Questo può generare il caos, che non si esprime necessariamente con la fretta o con una vita convulsa come per i protagonisti del film, ma che comunque si insinua nelle proprie scelte proprio come il serpente velenoso del film.
A questo punto di una siffatta esistenza, è necessario l’intervento di una spinta interiore che abbia la forza di ribaltare la visione e la percezione della vita.
È il Sé che parla, e talvolta lo fa attraverso eventi dolorosi o coincidenze significative come la morte del bambino che Peter ha cercato di salvare.
Peter dei tre fratelli è quello che non riesce ad essere felice della sua imminente paternità: il Sé lo mette di fronte al dolore di un padre per la perdita tragica del proprio figlio.
Antonio Mercurio in uno dei suoi primi testi “Amore e Persona”, afferma che ciascuno ha in sé tutte le potenzialità per cambiare il corso della propria storia e diventare capace di amare se stesso, di amare gli altri e ricevere Amore. In questo libro offre una rilettura dei concetti di bene e di male: il bene è tutto ciò che consente all’individuo di realizzarsi come Persona mentre il male è tutto ciò che può ostacolare questa realizzazione come ad esempio la violenza che l’individuo agisce su se stesso, dopo averla subita.
Nel film i tre fratelli sembrano agire proprio secondo questo copione.
Il più grande, che da piccolo si è occupato dei fratelli, non può fare a meno di ripetere gli schemi imparati in passato dalla madre e tutti e tre, non avendo appreso dai propri genitori l’amore autentico verso se stessi, continuano a portare avanti esistenze prive di responsabilità. Essi sono infatti incapaci di incanalare le loro vite verso obiettivi sani, sono inconcludenti, non riescono a fidarsi l’uno dell’altro.
Peter non si vuole assumere la paternità, Jack vive rapporti di coppia fuggevoli e inconsistenti, Francis è talmente infelice che per fuggire dalla sua gabbia, è arrivato a tentare il suicidio.
E questo fino al punto in cui sono protagonisti del viaggio che li trasformerà.
I tre fratelli inizialmente non condividono i loro tormenti perché non si fidano l’uno dell’altro, pian piano però si affidano al fratello maggiore e ne riconoscono l’affidabilità.
Una figura estremamente significativa nel film è il padre che perde il proprio figlio perché di fronte all’immenso dolore che lo annienta, non scappa e sceglie invece di entrarci e di sentirlo. Tutto il villaggio è pervaso da questo sentimento corale di accettazione del dolore e i fratelli Whitman, invitati a partecipare alla cerimonia corale, ritrovano qui il profondo valore della vita.
In particolare Peter ha la possibilità, in questa occasione, di affrontare il senso di colpa per non essere riuscito a salvare il bambino e interiormente può confrontarsi con la sua ambivalenza rispetto all’accettazione della paternità.
L’evento drammatico dunque, è stato colto nel suo messaggio e significato profondo: Peter rinuncia alla sua parte infantile e può rinascere a nuova vita andando oltre se stesso.
Questa scelta è un esempio di spiritualità insita nella persona: è trascendere i condizionamenti per appartenere a se stessi, evidenzia che l’Io Persona si è alleato con il Sè e ne accetta e incarna la saggezza.


Farsi dono di una nuova identità


Il viaggio verso la libertà interiore porta i protagonisti del film a ricontattare la loro matrice interiore abbandonica, origine del loro malessere profondo, per poterla accettare, perdonare e perdonarsi.
Per poter creare una nuova identità è infatti fondamentale prima abbandonare il progetto vendicativo inconscio e successivamente impegnarsi ad agire il perdono, rinunciare al proprio assoluto accettando il limiti dei genitori e impegnandosi a risanare le proprie ferite attraverso l’amore per se stessi.
Saggiamente Patricia Whitman, la mamma, dice loro: Il passato è accaduto, ma è passato!
L’essenza del perdono è proprio quella di lasciare andare il rancore causato dalle ferite antiche, accettando le figure genitoriali in tutta la loro imperfetta umanità e affidandosi alla preziosa unicità che ciascuno di noi possiede.
Questi passaggi garantiscono alla persona la libertà di vivere finalmente una vita serena, appagante, armonizzata con i propri desideri più profondi e di aprirsi alla Vita e all’Universo da considerare, secondo la filosofia di Antonio Mercurio, i veri genitori esistenziali.
Solo dopo aver creato l’armonia tra la propria parte cosciente e quella profonda, (...) allora c’è pace e c’è serenità, allora c’è la bellezza della vita e se c’è concordia tra l’Io e il Tu, tra l’Io e gli Altri, tra l’Io e il Cosmo, allora c’è bellezza seconda ossia la bellezza che non muore mai. (A. Mercurio).
Questo passaggio nel film viene messo in scena dall’incolonnamento delle pietre, sotto cui Jack pone la piuma, che è il simbolo del ritrovamento di un equilibrio nelle avversità e di un nuovo inizio per tutti e tre, sia individuale che corale.                                                                                                                 

 Locandina a cura di:

Anna Agresti, Dania Biagini, Francesca Brabanti,

 Adele Cossu, Lorenza Crocicchi, Margherita Giugliano,

Eleonora Padovani, Carmine Pascuzzo

Bibliografia:
A. Mercurio, Amore e Persona, ed. Sur, Roma
A. Mercurio, La Sophianalisi e il principio della Gioia, ed. Sur, Roma

 








Proiezione e dibattito sophiartistico

Sabato 17 Dicembre 2022 ore 15.15 sul film di Jason Reitman 


 



IL FILM 

Tra le nuvole è un film di Jason Reitman del 2009. La pellicola ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui: - Nomination agli Oscar come Miglior Film, Miglior Regia, Migliori attori protagonisti, Miglior Sceneggiatura - Vincitore del Golden Globe alla Migliore sceneggiatura non originale - Nomination al David di Donatello come Miglior film straniero - Nomination al Nastro d’Argento come Miglior regia 

TRAMA

Ryan Bingham è un tagliatore di posti di lavoro di professione, che vive in un non luogo, in aeroporto. Pensa che la vita sia più leggera senza legami, dunque è deciso a non averne finché il suo percorso non lo porterà a ricongiungersi con il passato.

  LETTURA SOPHIARTISTICA DI UN FILM

Ci sono film che sono delle vere e proprie opere d’arte nel cogliere i vari aspetti dell’animo umano. I film che ci interessano maggiormente sono quelli che raccontano una trasformazione perché possiamo utilizzare l’arte espressa dal film e dal regista per contattare la stessa arte trasformativa presente dentro ognuno di noi. In questo senso la Sophia-art (saggezza dell’arte) del Maestro Antonio Mercurio, è un utile strumento e stimolo per indagare su noi stessi e sui meccanismi che muovono le fila della nostra esistenza. 

UNA CHIAVE DI LETTURA del film TRA LE NUVOLE 

L’uomo che voleva volare

 Tutti noi sogniamo di poter volare in alto, lo facciamo spontaneamente, sin da bambini. Tuttavia, con l’educazione e con i condizionamenti familiari e sociali, il contatto con i sogni profondi si perde in favore dell’adattamento sociale, dell’omologazione con l’uomo-massa. La differenza tra essere uomo-massa ed essere 2 persona è sostanziale: Persona è colui che è un fine per se stesso, capace di amarsi, di amare e di essere amato, capace di libertà e di decisione, come sostiene l’Antropologia Esistenziale che ispira i nostri lavori. L’uomo che vuole volare deve apprendere l’arte di amare autenticamente se stesso e gli altri e deve essere disposto a perdere interiormente quelle parti che lo appesantiscono da un punto di vista esistenziale. 

DA UNA VITA SOSPESA ALLA PRESA DI COSCIENZA

La vita di Mister Ryan Bingham è tra le nuvole e in sospeso. Ryan effettivamente vive sospeso tra le nuvole a causa dei frequenti viaggi aerei ma si trova soprattutto in una condizione di sospensione esistenziale, la sua vita è bloccata. Ryan è convinto che la strada che sta percorrendo sia l’unica possibile e anzi che sia fonte di grande soddisfazione ma quando nella sua vita arrivano elementi esterni che gli richiedono un cambiamento, entra in crisi e le sue certezze cominciano a vacillare. Ad un certo punto della sua storia Ryan si rende conto di aver costruito la sua vita su una menzogna. La costruzione di una condizione interna inconscia e fittizia si chiama Menzogna Esistenziale. Possiamo ipotizzare che la menzogna sia il frutto di decisioni reattive prese senza averne consapevolezza nella primissima infanzia. Una crisi può essere un salto evolutivo se la attraversiamo consapevolmente e può perfino diventare terreno fertile di trasformazione: dalla menzogna esistenziale si può passare alla realizzazione del progetto del Sé. Attraverso il rapporto con Nathalie e con le sorelle Ryan si libera della corazza che si è costruito nel tempo, abbandona i vecchi schemi e entra in un sentire profondo. Ascoltando la saggezza interiore Ryan opera la fusione tra maschile e femminile, dentro di sé: “solo con il ragionamento profondo, che rappresenta il potere maschile, fuso con il sentire profondo che rappresenta il potere femminile (…) possiamo venire a conoscenza della nostra menzogna Esistenziale.” (A. Mercurio) Grazie a questa nuova sensibilità, Ryan prende una decisione di amore per se stesso dandosi la possibilità di riassaporare la bellezza dei rapporti umani, fare ritorno nella sua città natale, nella scuola, rivedere con emozione le foto da ragazzo e  compiere  l'unificazione con il passato.

  L’ARTE DI PERDERSI PER CREARE

Nel film vediamo realizzato questo passaggio da Ryan quando abbandona il seminario motivazionale piantando tutti in asso per correre dalla donna di cui si è innamorato e con la quale intravede ora un progetto di vita. Ma ecco che il dolore squarcia il velo e mostra in tutta la sua crudeltà la menzogna sulla quale aveva costruito la vita. E’ come un vortice che si porta via tutto, una morte esistenziale. E’ la sensazione della fine, ma non è la fine. E’ la rinascita ad un livello energeticamente più alto. Questo passaggio, che sempre implica l’attraversamento del dolore, lo vediamo anche in Nathalie quando decide di abbandonare il lavoro di licenziatrice, per cercarne uno più adatto alla sua sensibilità. Al contrario, nel film, nessuna trasformazione avviene in Alex. Quando la vita ci mette di fronte a noi stessi facendo crollare le convinzioni che ci avevano sostenuto fino a quel giorno, è come se tutte le tessere del mosaico combaciassero e finalmente si riuscisse a vedere la figura di insieme. Sono momenti magici che possono dare vita a cambiamenti importanti ed emerge il coraggio. Qui la visione del futuro può trovare una svolta non preventivata, improvvisamente è possibile prendere nuove decisioni di amore per se stessi, accettare di perdere quello che eravamo per poter creare una Bellezza nuova, di una qualità superiore, prima di tutto per noi e poi per tutti gli altri. Siamo infatti liberi di scegliere se aderire al Progetto del Sé che indica la strada della Bellezza Seconda o rimanere sempre uguali, magari per una vita intera. 


LA VITA COME DONO

Infine Ryan passa da una dimensione individualista a quella del dono ed è così che comincia a volare davvero. Per le sue nozze dona alla sorella che aveva sempre ignorato, i punti fedeltà accumulati con tutti i suoi viaggi, per le sue nozze. Alla giovane collega Nathalie fa il dono di una lettera di raccomandazioni per essere 4 assunta in una nuova realtà lavorativa. Secondo l’Antropologia di Antonio Mercurio occorre allenarsi, giorno dopo giorno, per cambiare atteggiamento e passare dalla pretesa al dono, dalla sopraffazione al rispetto, dall’avidità alla reciprocità, dalla bruttezza alla Bellezza. La vita come dono fa riferimento ad un ideale di umanità a cui tutti possiamo aspirare per la nostra gioia e per la creazione della Bellezza Seconda, che una volta creata, non muore più.

  C’ERA UN UOMO CHE VOLEVA VOLARE

… In un mondo 

dove tutti

 Prima o poi

 Perdono tutto 

Disperatamente 

C’era un uomo che voleva volare

Da un universo all’altro. 

Sapeva quali erano 

Le ali che gli occorrevano: 

L’ala di destra, 

Accettare di perdere 

Tutto quello che era

 In un determinato momento

 Così come il SÉ suggeriva;

L’ala di sinistra, 

Accettare di perdere 

utto quello che aveva, 

Tutte le volte che 

Il messaggero appariva all’orizzonte (…).

 (...) e il punto non era

 quello di perdere per perdere

 così come perde un giocatore d’azzardo

 ma perdere per creare. 

Il punto era

 l’arte di perdere e l’arte di perdersi

 per l’arte di creare…

 (Antonio Mercurio) 


BIBLIOGRAFIA

A. Mercurio - La vita come opera d’arte e la vita come dono spiegata in 41 film, ed. SUR 

A. Mercurio - Le leggi della Vita, ed. Arianna

 A. Mercurio - Ipotesi su Ulisse, ed. SUR

 

Locandina a cura di: 

Anna Agresti, Dania Biagini, Francesca Brabanti, Adele Cossu, Lorenza Crocicchi, Margherita Giugliano, Eleonora Padovani, Carmine Pascuzzo





 




Sabato 18 febbraio 2023
Proiezione e dibattito del film

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“Ci sono sogni che si avverano. E poi ci sono sogni che non hai neanche il coraggio di sognare perché hai paura che non si potranno mai avverare”. 

IL FILM 

Il padre d’Italia è un film del 2017 diretto da Fabio Mollo. La pellicola ha ottenuto quattro candidature al Nastro d’Argento, due al Globo d’Oro e ha vinto il premio come miglior film al Diversity Media Awards.

TRAMA

Il film ha come protagonista Paolo, un ragazzo sulla trentina che lavora in un megastore di arredamento. La storia si apre con la rottura della sua relazione con Mario. Una sera Paolo incontra Mia in una dark room. La ragazza è incinta e sembra non sapere bene cosa fare di se stessa e della creatura che porta in grembo. Paolo si fa carico della ragazza e decide di aiutarla. Inizia così un viaggio in cui le storie dei due protagonisti si svelano tappa dopo tappa mentre attraversano l’Italia da nord a sud. 

COSA VUOL DIRE SOGNARE

Paolo ha avuto poche possibilità di sognare. Sappiamo che alla nascita è stato abbandonato in un orfanotrofio e che ha passato anni della sua infanzia senza mai parlare. Le numerose delusioni riguardo alla speranza di essere adottato non gli hanno permesso di sognare e immaginare un futuro. Così si limita ad accettare passivamente tutto quello che gli accade, col risultato di rimanere intrappolato in idee stereotipate. Mario, al contrario, ci crede davvero ai suoi sogni e li vuole perseguire. È convinto di riuscire a trovare una strada per avere una famiglia e dei figli. Questo è il motivo della loro rottura, che fa rivivere a Paolo un ulteriore abbandono. In questo momento di buio Paolo incontra Mia, una ragazza con pochi limiti, caotica, piena di sogni e di pretese, una ragazza che gli sconvolgerà la vita. Mia ha bisogno urgente di aiuto e Paolo se ne assume l’onere. Anche lui ne ha bisogno ma se ne renderà conto gradualmente durante il loro viaggio. Infatti, Mia lo induce a trasgredire, a divertirsi, ad essere leggero; grazie a lei Paolo scopre nuove prospettive, sente finalmente la voce del Sé che fino a quel momento si era negato di ascoltare privandosi della possibilità di sognare. 

-Quando ti capita qualcosa sai subito se è una cosa bella o una cosa brutta? 

gli chiede Mia, scuotendolo.

 Quando una cosa accade può apparirci al momento estremamente piacevole e in seguito rivelarsi un abbaglio del nostro Io Psichico, al contrario un evento giudicato spiacevole può rivelarsi un elemento utile per la trasformazione. 


Il loro incontro sembra a prima vista un uragano, ma in realtà Paolo e Mia fin dal primo sguardo, si riconoscono nello stesso bisogno di cambiamento, di ascolto e di reciproco aiuto, per un tratto delle loro vite.

 Le coincidenze, segnali del Sé Cosmico e del Sé Personale, arrivano sotto ogni forma, in svariati momenti, mettendoci davanti alle occasioni che possiamo cogliere o meno per trascendere la realtà, per amare, perdonare. 


Non è un caso che il regista abbia voluto avvicinare due persone così diverse eppure così simili fra di loro. È la relazione con l’altro che evidenzia e mette a fuoco gli opposti che ci portiamo dentro.


 Durante tutto il viaggio insieme, si può vedere come si armonizzano gli opposti, sempre con lo sguardo rivolto ai propri sogni.

 “Nei sogni si rivela la segreta esistenza del Sé. Se tu coltivi un sogno, tu coltivi il Sé.”(A.Mercurio)

Ma come si coltivano i sogni?

Paolo esplora prima i desideri convenzionali: l’illusione di “sistemarsi” con una donna, un lavoro, una famiglia e dei figli. Invece Mia, di indole ribelle, è fortemente in contatto con desideri non convenzionali: vuole diventare una cantante, vivere una vita libera, senza alcun limite. 

-Non va bene così! Grida Mia ad un certo punto a mo’ di sfida indicando a Paolo una direzione e cioè che i sogni escono fuori dagli schemi. 

Per sognare ci vuole Coraggio

Puoi essere genitore naturale ma non sentire affatto il desiderio di avere un figlio e puoi, come Paolo, trovare il coraggio di desiderarlo fortemente.

 -A me chi mi piglia? Dichiarano sconsolati entrambi dopo essersi scontrati con l’ennesima difficoltà e con la verità che li trascina nel dolore. 

Ma i sogni che danno un senso alla vita stanno in un luogo profondo al di là del dolore ma se non si ha il coraggio di attraversarlo, non si realizzeranno mai. Oltre e dopo il dolore, i sogni si fanno più chiari.

 Per realizzare i sogni ci vuole Fiducia. 

La Vita è piena di opportunità e di creatività, di coincidenze e di magia, ma dobbiamo mettere fiducia nelle nostre azioni, se vogliamo che abbiano la forza necessaria per realizzarsi.

 È come se la vita stessa chiedesse prepotentemente: - Ti vuoi assumere la responsabilità di fare i passi necessari per calare nella realtà quello che sogni o preferisci che rimangano irrealizzabili? 


Mia chiede a Paolo di aiutarla a dare un padre alla creatura che porta in grembo e lui accetta di accompagnarla in questa ricerca. 

Mentre cercano il padre della bambina, inconsapevolmente Paolo e Mia vanno alla ricerca di se stessi, per darsi una rinascita, una nuova identità. Come spiega Antonio Mercurio, per fare questo è necessario attraversare il passato e riviverlo incontrando i mostri che ne fanno parte, per poi potersene liberare.

 Così Mia si fa accompagnare in Sicilia dalla sua famiglia d’origine e lì rivive i condizionamenti che hanno provocato la sua ribellione: l’assenza di un padre capace soltanto di uno sguardo distratto e l’aggressività di una madre rassegnata. Un modello genitoriale diffuso che ha al centro una simbiosi perpetua madre/figlio e una deresponsabilizzazione del padre verso la cura. Il sogno di Mia parla della ricerca di un padre che non ha mai goduto. Parallelamente Paolo affronta il passato facendo ritorno all’orfanotrofio in cui è cresciuto. Anche lui si ritrova faccia a faccia con i condizionamenti che lo hanno portato alla chiusura: nessun genitore ed un’istituzione fredda che è solo in grado di garantirgli la sopravvivenza. La donna che cammina nel corridoio immaginiamo sia un ricordo sfuocato di sua madre che diventa sempre più nitido man mano che Paolo comprende e perdona. Solo allora, grazie alle nuove possibilità che si aprono, Paolo potrà accogliere come un dono immenso, la figlia di Mia. Paolo capisce che una madre e un padre da “pubblicità” non esistono. 

Capisce che c’è un altro modo per diventare padre, oltre a quello biologico previsto dalla natura.


 E’ molto realistica la messa in scena nel film: i due non si incontrano come nelle favole con cui siamo cresciuti, innamorandosi e poi vivendo per sempre felici e contenti. I due si incontrano per un pezzo
del viaggio, ognuno con il proprio progetto, con i suoi ostacoli interni da superare. Stanno insieme giusto il tempo necessario, poi ognuno continua per la sua strada, certamente non senza difficoltà: Mia se n’è andata e anche se non lo vediamo nel film, possiamo supporre che avrà da elaborare il fatto di aver lasciato la figlia. Paolo, ugualmente avrà di che darsi da fare come padre single, almeno allo stato in cui finisce il film. 

Chi è il padre allora?

Il film dice che il padre è chi sceglie di esserlo. Di fatto nel film, quello biologico non viene mai trovato. La storia raccontata in questo film è la storia di un salto quantico, un salto evolutivo che non ripete più solo le leggi della natura ma che va oltre, che rende possibile quello che prima era ritenuto impossibile.


DA FIGLI DELLA NATURA A FIGLI DELLE STELLE


In natura vige la legge del ritmo, il giorno si alterna alla notte, le stagioni si rincorrono sempre allo stesso modo, la vita e la morte si susseguono.
Vita e Morte si alternano sempre secondo la Legge del Ritmo. Se c’è l’una non c’è l’altra.
Quando la vita e la morte si scontrano, la vita si spegne bruscamente: la candela brucia e crea la luce, bruciando si consuma, e consumandosi muore, come succede anche nel processo stellare (fusione di vita e morte, entropia). Così funziona la legge della natura. Noi esseri umani possiamo andare oltre a queste leggi, perché unici fra tutte le creature viventi abbiamo il potere artistico/creativo, cioè possiamo creare quello che prima non c’era, e questo lo vediamo facilmente nelle tante creazioni che l’essere umano ha prodotto, dall’invenzione della ruota alla tecnologia più avanzata, alle opere d’arte.
Noi abbiamo il potere artistico/creativo.
Possiamo rendere possibile quello che prima era impossibile, passare dall’universo naturale all’universo creativo, diventare figli delle stelle, come dice la canzone, oltre che della natura.
Saremo capaci di compiere un salto quantico da un livello naturale ad un livello spirituale, compiendo delle scelte.
Nell’antichità era la madre, la grande dea madre, che generava la vita, idolatrata e adorata per questo. Con la scoperta scientifica della compartecipazione dell’uomo al concepimento, tutti i ruoli cambiano.
Non più la diade simbiotica madre/figlio è creatrice della vita ma occorre l’intervento di una terza realtà esterna e nasce il concetto di paternità.
Con questo concetto si crea una nuova consapevolezza. L’uomo diventa cocreatore.
I miti ci raccontano quante idee e concetti di paternità si sono succeduti fino ad arrivare al giorno d’oggi. Il padre quindi può essere Laio, che allontana il figlio Edipo e ordina ad un servo di ucciderlo per preservarsi da lui. Può essere Ulisse, che va in guerra e per 20 anni non si cura del figlio.
Può essere colui che insegna la vita, che vive secondo un principio di realtà e insegna le regole da seguire, che incoraggia a liberarsi dalla simbiosi materna, dalle aspettative, dalle pretese, dai lacci che impediscono al figlio di diventare uomo libero.
Se l’uomo e la donna sono capaci di rispettare la loro diversità e armonizzarsi, se insieme scelgono di far nascere, crescere, insegnare le leggi della vita e poi lasciare libero il figlio per la realizzazione del progetto insito nel suo Sé, oggi nasce un nuovo padre, una nuova madre, un concetto più evoluto di coppia, di paternità e maternità e un nuovo figlio, sintesi dei due opposti, femminile/maschile.
Ma c’è di più.
Possono due omosessuali  ricoprire il ruolo di “padre” e di “madre”? Può essere un single ad allevare da solo un bambino?

Il film ci dice di sì, che il sogno che prima non si aveva nemmeno il coraggio di sognare, oggi miracolosamente si avvera.
Qui dobbiamo passare dal concetto di donna e uomo a quello di principio femminile e principio maschile.
Un figlio, per crescere bene ed orientarsi nel mondo, ha bisogno di tutti e due questi principi:
- sentirsi accolto, voluto, amato, curato, che sono proprietà del principio femminile
- accettare i limiti della realtà, le leggi del vivere, le regole sociali, che sono proprietà del principio maschile.
Come teorizzato da Antonio Mercurio e Paola Sensini in “Armonizzazione del principio maschile con quello femminile” questi due tipi di energie sono opposti e sono ambedue dentro ognuno di noi, sia che abbiamo per nascita genitali maschili o femminili.
Io ho dunque dentro di me il Padre e la Madre, il seme e la terra, il sogno e la creatività necessaria per realizzarlo.
Nel film Paolo ha sia la capacità di accoglienza e cura, sia il principio di realtà, lo vediamo bene per come si comporta con Mia, e sarà un genitore meraviglioso, amorevole e al tempo stesso autorevole non perché abbia generato biologicamente Italia (livello della natura) ma perché l’ha sognata e ha deciso responsabilmente di sceglierla come figlia. (livello spirituale, o più poeticamente, stellare).


L’Antropologia Esistenziale afferma che siamo figli dei nostri genitori biologici, ma siamo soprattutto figli della Vita e dell’Universo, e siamo capaci se lo decidiamo, di darci un’anima immortale che superi i limiti ristretti di questo universo naturale per volare più in alto.
I tempi sono maturi per aprire le porte a nuove forme di maternità e di paternità, pensiamo all’adozione, al concepimento eterologo, a tutte queste forme che nascono dal sogno e dal desiderio e sono poi diventate realtà legalmente riconosciute.
L’uomo diventa Artista della sua vita, utilizzando forme sempre più evolute di creatività.
Noi siamo dunque “figli delle stelle”
Ma quando diventiamo figli delle stelle?
Quando invece di “uccidere” metaforicamente il padre dentro di noi rimanendo nella simbiosi materna, creiamo con lui un rapporto circolare madre/padre/figlio.
Quando la diade madre-figlio diventa una triade madre-padre-figlio.
Quando l’imperfezione dei genitori non è più fonte di risentimento per l’amore che ci spettava e che non abbiamo ricevuto.
Quando l’amore da simbiotico diventa circolare e crea una bellezza che prima non c’era. Questo è il cambiamento che auspichiamo.



Per chi volesse approfondire:
Antonio Mercurio e Paola Sensini, Armonizzazione del principio maschile con quello femminile, ed. SUR Roma
Antonio Mercurio, Le leggi della vita, edizioni SUR, Roma
Damiano Lazzarano, Quantum, UNO editore
Emanuele Chimienti, Cammino di crescita verso la bellezza che non muore, ed. SUR, Lecce
                                                         


                                                                          Locandina a cura di: Anna Agresti, Dania Biagini, Francesca Brabanti, Adele Cossu, Lorenza Crocicchi, Margherita Giugliano, Eleonora Padovani, Carmine Pascuzzo. 









Il coraggio di appartenere a se stessi -

IL FILM

Assolo è un film del 2016, scritto e diretto da Laura Morante. Dopo un discreto successo

nelle sale di tutta Italia, la pellicola ha ottenuto varie candidature per prestigiosi premi come:

David di Donatello, Nastro d'Argento, Globo d'oro e Ciak d'oro.

TRAMA

Flavia è una donna di mezza età, single, reduce da due divorzi, con due figli, fragile e

maldestra, alla ricerca della bellezza perduta, e dell’amore per se stessa.

Una chiave di lettura per ASSOLO

Il film Assolo si apre con una dichiarazione di inadeguatezza e bassissima autostima da parte

della protagonista. Nel sogno che Flavia racconta alla sua analista, nessuno degli uomini che

ha amato nella vita è particolarmente addolorato durante il suo funerale. In un secondo sogno,

racconta di essere in un coro che canta una musica molto bella e di sentirsi molto brava; ma

quando improvvisamente tutti smettono di cantare, durante l’assolo, la sua voce comincia a

stonare, si incrina e questo la fa vergognare molto.

È chiaro che il primo problema di Flavia sta nella relazione con se stessa: Flavia non si ama

e pensa di non meritarsi l’amore degli altri. Il rapporto con se stessa è caratterizzato da un

perenne senso di colpa, che si rinnova in ogni possibile occasione. Un macigno che Flavia si

porta dentro già da bambina come conseguenza di condizionamenti colpevolizzanti.

Possiamo descrivere questa introiezione come la colpa di non essere adeguata alle richieste

degli altri. Per paura di essere abbandonata, Flavia rinuncia al progetto del Sé, si annulla

continuamente e accondiscende ai bisogni degli altri anziché seguire i suoi desideri.

Una persona che rinuncia a se stessa per essere amata, diventa un accessorio perché non ha

identità, progettualità, non prende posizione, non attrae nessuno a sé. Senza amore per se

stessi difficilmente si potrà percepire l’amore dell’altro. Se non ci si riconosce un valore, di

conseguenza anche gli altri non vedranno alcun valore.

Attraverso un ricordo adolescenziale vediamo che Flavia fa esperienza di accondiscendenza

fin da giovane, nel caso specifico nei confronti dell’amica che le ruba il ragazzo e che si trova

addirittura a consolare. Ed ecco che perpetua le stesse strategie per “rendersi amabile” anche

nella vita adulta quando le stesse dinamiche rifiutanti le si ripresentano nei rapporti di coppia

e nelle relazioni d’amicizia. Flavia ha sviluppato l’accondiscendenza come meccanismo di

difesa.

Le strategie difensive che si mettono in atto per paura di non essere amati e per non sentirsi

soli sono molto pericolose: Flavia è succube di tutto, subisce in silenzio ed entra in rapporti di

dipendenza con gli uomini della sua vita, diventando addirittura amica delle mogli dei suoi

ex mariti, come a confermare perennemente la sua inadeguatezza. Inconsciamente questo

accade perché continua a mantenere intatto dentro di sé un credo profondo: non sono

amabile. È possibile adattarsi e quasi affezionarsi alle proprie convinzioni antiche, seppur

pericolose, perché ci accompagnano da tutta la vita. In questo caso il Sé si oscura come una

vera e propria eclissi.

"Il Se' è per l'uomo quello che il sole è per la terra: energia luminosa, termica, cinetica, che

equivale a dire Amore, Verità, Libertà, Decisionalità” (A.Mercurio, La Sophia-Analisi e il

Principio della Gioia, ed. Sophia University of Rome, 2011)

Flavia ha perso il contatto con il suo Sé: non è in grado di sentire quello che vuole, tutta la

sua energia è concentrata all’esterno, un invischiamento totale con l’ambiente che la

circonda, in cui svolge il ruolo di vittima e a cui gli altri partecipano nel ruolo di aggressori

ma nei quali rapporti, come dice la sua analista, non vi sono assoluti positivi o negativi ma

solo tante figure imperfette e umane.

Accettare la propria imperfezione, significa reagire, prendere in mano la propria vita,

mettersi alla guida nella direzione voluta, prendersi cura di se stessi. Nonostante le esperienze

fallimentari Flavia persevera nel suo processo di crescita, anche attraverso il percorso di

analisi che la sostiene nel comprendere l’origine dei suoi pensieri, delle sue reazioni emotive.

La vita emotiva di Flavia si trova in un ingorgo, rappresentato dalla scena dell’esame per la

patente, simbolicamente il culmine del suo malessere. È un crescendo, ripetitivo e doloroso.

"Vogliamo decidere da persone intelligenti come siamo, di darci il tempo e il modo di

imparare l'arte e la scienza per amarci, per amare e per essere amati" (A. Mercurio, La

sophianalisi e il principio della gioia, Ed. Sur, 2011).

Crescere e trasformarsi ha i propri tempi, necessari e tagliati su ciascuna persona. Non può

accadere in un giorno o in poche ore perché separarsi dalle proprie parti disagevoli implica

spesso emozioni profonde e non facilmente superabili. Accettare i propri tempi, rispettando le

proprie difficoltà e fragilità, è anch’esso un atto d’amore verso se stessi. Spesso la crescita è

un processo sottocutaneo che procede anche senza che se ne abbia l’immediata percezione.

Esso ci consegna il risultato quando meno ce lo aspettiamo, aiutandoci a riconoscerlo anche

nei piccoli gesti di persone, a volte sconosciute, con cui entriamo in contatto.

Per Flavia il momento di cambiamento si innesca con una decisione, in un taxi, di notte, in

un momento catartico sottolineato dalla pioggia battente, sotto lo sguardo tenero e

comprensivo di un’altra donna.

Dal fondo si può risalire. Occorre non aver paura di guardare in faccia la dolorosa verità: per

prendere in mano la propria vita è necessario decidere profondamente di chiudere le porte dei

condizionamenti più antichi, che la vogliono al servizio dei bisogni degli altri, masochista e

umiliata. Occorre prendere una decisione nuova, seppur paurosa, e aprirsi ad altre parti di sé,

ancora inesplorate. Occorre affrontare la paura della solitudine per trovare il coraggio di

appartenere a se stessi.

LA QUESTIONE DELLA SOLITUDINE

Tra le difficoltà della vita rientra il nostro rapporto con la solitudine. E a questa, come a tutto,

bisogna trovare un significato. Dare significato a quello che accade significa che ogni pezzo

torna al suo posto; è un respiro in mezzo agli interrogativi opprimenti che non sembrano

avere risposta. Possiamo considerare la solitudine come origine e fine per la connessione col

Sé. Ma qual è il compito che ci indica il Sé? Noi stessi siamo il compito, la nostra vita e noi

stessi siamo il Progetto del nostro Sé. Se noi stessi siamo il compito, allora il compito è

inesauribile. E se il compito è inesauribile, le difficoltà, gli ostacoli che incontriamo saranno

continui.

La solitudine è necessaria per ascoltare se stessi in maniera profonda, e l’ascolto è possibile

solo quando non ci lasciamo divorare dal tumulto e dal frastuono delle cose che sono fuori

ma anche dentro di noi. Se la solitudine intesa come ascolto profondo di Sé è apertura nei

confronti della vita e degli altri, l’isolamento è, al contrario un ripiegamento su se stessi, una

pericolosa chiusura. Nell’era della comunicazione digitale il rischio di naufragare

nell’isolamento è realistico determinando silenzio del cuore e trascendenza perduta.

Dunque impegnarsi in una impresa certo faticosa, come quella di affrontare la solitudine per

riconnettersi all'essenza, può portare alla pace e alla serenità e al senso di appartenenza ase

stessi e a questa vita.

IL CORAGGIO DI APPARTENERE A SE STESSI

Assolo: composizione, o parte di essa, eseguita da un solo esecutore (vocale o strumentale),

isolato da una massa corale o strumentale. Oppure: azione isolata, di persona che si stacchi

o emerga da un gruppo. Distacco. Autonomia. Voglia di diventare grandi. In musica un

assolo, o solo, è una breve sezione solistica presente in un brano, oppure un brano musicale

eseguito da un unico suonatore o cantante.

Con il film Assolo vogliamo darci uno spazio di riflessione e confronto sul significato di

appartenere a se stessi e sul coraggio necessario per superare la paura della solitudine e

dell’abbandono. La vita è movimento, è evoluzione. Regolarmente attraverso segnali ci dice

che qualcosa nel nostro modo di pensare, essere, agire deve cambiare affinché sia possibile

un passaggio esistenziale che ci porti al cambiamento di situazioni penose e ripetitive. Tale

passaggio esistenziale, è ogni volta che si realizza, una rinascita a sé stessi: "per nascere

bisogna prima capovolgersi. Capovolgersi significa cambiare identità". (A.Mercurio, Le

leggi della vita, A. Mercurio, ed. Sur) Per arrivare ad essere sempre più consapevoli e liberi si

può cambiare posizione ogni volta che è necessario.

Vogliamo pensare che il film Assolo inizi con un messaggio positivo dato che Flavia è in una

seduta terapeutica e ciò significa che ha deciso fortemente di mettere in atto un cambiamento

nella sua vita e lo fa attraverso una richiesta d’aiuto. Il percorso di Flavia è un po' anche "il

percorso", ovvero quello di chi vuole arrivare sempre più avanti verso la consapevolezza.

L'amore per se stessi è una decisione coraggiosa ed una grande conquista che si fa giorno per

giorno, non priva di fatica, perché decidere di aprire le porte chiuse e lasciare andare le paure

è un atto di estremo coraggio. "L'agire segue l'essere ma è l'agire che accresce l'essere"

(A.Mercurio, La sophianalisi e il principio della gioia, ed.Sur, 2011). La vita ci propone

sempre una via di uscita, offrendo, anche nei momenti più bui, speranza e alternative che è

importante imparare a riconoscere; chiedendo aiuto quando sentiamo di non farcela da soli.

L’ultima scena del film, lasciata all’interpretazione dello spettatore, può essere interessante

per valutare, da soli e in un confronto con gli altri, cosa pensiamo che possa accadere dopo.

Vogliamo pensare che qualcosa di diverso sia possibile sempre, oppure che la vita è una

ripetizione eterna di condizionamenti antichi?

*******

Locandina a cura di:

Anna Agresti,

Dania Biagini, Francesca Brabanti, Adele Cossu, Lorenza Crocicchi, Margherita Giugliano,

Eleonora Padovani, Carmine Pascuzzo





6° Dibattito Sophiartistico 

Sabato 15 Aprile 2023 ore 15.15

 

 NESSUNO SI SALVA DA SOLO

dall’amore che nasce come bisogno, all’amore come libera scelta

“Quando siete nella tempesta, questo è il momento per decidere di darvi un cuore che ama al posto di un cuore che odia e che rifiuta e distrugge” (Regola VIII della Navigazione Notturna degli Ulissidi - A. Mercurio) 2

 

IL FILM

“Nessuno si salva da solo” è un film italiano del 2015, diretto da Sergio Castellitto e tratto dall’omonimo romanzo di Margaret Mazzantini. Gli attori protagonisti, Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca, hanno entrambi ottenuto la candidatura come miglior attore e miglior attrice ai premi David di Donatello e Nastro D’Argento.

LA TRAMA

Gaetano e Delia sono una giovane coppia di coniugi separati. Si ritrovano una sera a cena con l’intento di organizzare le vacanze dei figli Cosmo e Nico. La cena diventa teatro di scontri e aggressività reciproca in una continua sovrapposizione di passato e presente, una vera e propria “resa dei conti” in cui si svelano quelle verità, seppur dolorose, necessarie a ricostruire un possibile futuro.

LA LETTURA DEL FILM IN CHIAVE SOPHIARTISTICA

Gaetano e Delia, ormai da tempo separati, si incontrano una sera a cena con lo scopo di organizzare le vacanze estive dei figli Cosmo e Nico, ma delle vacanze in realtà i due non parlano quasi mai, si può pensare quindi che oltre alla realtà dichiarata relativa alla questione pratica ci sia anche un motivo non manifestato che li porta ad incontrarsi. Nell’arco di una serata viene alla luce la storia della coppia, dal loro primo incontro al matrimonio e alla nascita dei figli, fino alla crisi che li porta ad allontanarsi. Il tutto intervallato dal piano del presente in cui rabbia e risentimento fanno da protagonisti. Lo svolgimento degli eventi che avvengono fra i due durante la cena, le conversazioni e ciò che entrambi fanno emergere di sé e dell’altro, può essere visto come un viaggio tra passato, presente e futuro che Gaetano e Delia hanno deciso di compiere per ritrovarsi come persone prima, e come coppia dopo, ad un livello interiore emozionale più consapevole e più maturo.

Sappiamo che oltre ai progetti pianificati su un piano di razionalità ce ne possono essere anche altri, inconsci appunto, suggeriti dal Sé. La Persona ha la libertà di ascoltarli e aderirvi in qualsiasi momento della vita. Anche nei momenti più cupi è possibile decidere di amare, perdonarci e perdonare rinnovando con coraggio e perseveranza il personale progetto di vita.

“Il nuovo incontro dopo una divergenza non è più allo stesso livello per entrambi i partner, ma è senz’altro ad un livello più alto rispetto all’incontro precedente.” (...) Antonio Mercurio.

All’inizio del film vediamo come Gaetano e Delia si incontrano, si scelgono, vivono con passione e gioia la loro storia d’amore. Decidono di andare a convivere e successivamente di sposarsi quando lei rimane incinta. Nasce Cosmo e successivamente Nico. Le esperienze intense, dolorose che seguono, l’aborto del terzo figlio, le forti emozioni, le difficoltà del quotidiano e soprattutto la fragilità di lei, contribuiscono nel tempo a far emergere nel loro menage di coppia i limiti che ambedue si portano dentro. Lentamente ed inesorabilmente vediamo che gli scontri diventano sempre più frequenti. 

 

Entrambi sono costretti dentro schemi in cui si sono chiusi in seguito a traumi e dolori esistenziali vissuti, ma mai elaborati. Il quotidiano risulta appesantito dalle modalità acquisite e fissate nel passato e i due iniziano a gestire con difficoltà e aggressività le differenze sempre più profonde che si creano tra di loro.

"perché in ogni coppia, ci sono molte zone oscure, possedute dalle figure parentali.”(...) Antonio Mercurio.

Durante la cena Gaetano e Delia esprimono modalità aggressive che hanno origine dall’amarezza e dalla delusione per quello che avevano idealizzato entrambi come rapporto di coppia. Una coppia che evidentemente era nata dal bisogno di colmare vuoti più che dal desiderio di condividere un progetto esistenziale di evoluzione.

“Non è possibile donarsi se non si dispone totalmente di se stessi” Antonio Mercurio.

Se vogliamo creare un terreno condiviso che porti allo sviluppo delle potenzialità e alla rinascita come Persone, da soli o in coppia, bisogna accettare di morire a parti di noi che sono legate alla dimensione infantile di pretesa e di compensazione nei confronti di chi non ci ha amato come avremmo voluto; la verità e la consapevolezza insieme all’amore ed al perdono portano armonia ed energia.

Il passaggio dal “passato” al “futuro” per entrambi si verifica nel momento in cui Delia lancia il gelato in faccia a Gaetano. Per qualche attimo il tempo sembra fermarsi, si percepisce il silenzio, il vuoto che dà dolore e spazio alla trasformazione.

In quell’attimo sospeso Delia entra in contatto con la verità e si assume la responsabilità di un episodio avvenuto col figlio Cosmo, in cui, sopraffatta ed esasperata, ha avuto un grave moto di violenza verso di lui. Gaetano non la giudica ma accoglie il suo dolore e la rassicura, dopo di che, a sua volta, fa emergere le sue paure e le sue frustrazioni, soprattutto per non essere quello scrittore di talento che avrebbe voluto diventare.

”Tu sei cambiata”, “Anche tu sei cambiato…molto”. Questo si dicono Gaetano e Delia e si può pensare che sia l’inizio di un nuovo modo di vedersi, di viversi, di accettarsi.

Il Sé, che è il collegamento fra l’Universo e la Vita segue e sostiene in ogni momento i progetti di crescita e di trasformazione che ognuno di noi decide di affrontare. Questa è una verità. Se manteniamo il cuore e la mente aperti, possiamo cogliere i segnali, i simboli e messaggi del nostro Sé.

Anche in Lea e Vito si potrebbero interpretare come due messaggeri del Sé: vicini di tavolo ma non solo. Si presentano con simpatia nel momento in cui il cuore e la mente di Gaetano e Delia iniziano ad essere più leggeri ed aperti ed accettano con emozione e curiosità di percorrere un “tratto del loro cammino” insieme. “La vita è un ballo” dice Vito. E prima di separarsi è lui che afferma “Ragazzi, nessuno si salva da solo”. Questa è un’altra verità. Facciamo parte di una coralità, di cui la coppia è il primo tassello. Ognuno di noi rappresenta un elemento unico e insostituibile del tutto, preziosa e originale cellula di un unico organismo.

Quando arrivano sotto casa di Delia, Gaetano la invita ad un gioco, a fingere di presentarsi per la prima volta. In effetti sono veramente due persone nuove quelle che si trovano l'una di fronte all’altra. Anche Delia si trasforma, si perdona e perdona, e permette a Gaetano di avvicinare i bambini, facendolo salire mentre dormono. E finalmente, dopo anni in cui soffre di disturbi alimentari, si mette a mangiare con appetito e sorridendo dice alla madre “ho fame mamma”. Gaetano dal canto suo, mentre si incammina verso casa, nota che la sua maglietta preferita “quella rossa” è indossata da un musicista di strada, su una panchina. Sorride… adesso lui è una persona che indossa “altri abiti”, quelli di un essere umano che ha deciso di amarsi ed amare, perdonarsi e perdonare. Ed è sorridente mentre esegue una capriola. Questo ci riporta a quella che ha fatto a livello interiore, e che ha fatto anche insieme a Delia. In una delle ultime inquadrature il tavolo, che li ha visti protagonisti della cena e della loro trasformazione e l’ambiente circostante, sono inondati di luce, una luce che rappresenta tutta la Bellezza che è possibile realizzare, una bellezza che non muore mai e che si trasmette da un universo all’altro.

L’AMORE SECONDO LE TEORIE DELL’ANTROPOLOGIA ESISTENZIALE DI ANTONIO MERCURIO

“L’amore è un potere attivo che crea sé e l’altro come Persona” Antonio Mercurio.

Nei secoli i filosofi hanno dato grande rilevanza alle qualità dell’uomo derivanti dall’intelletto, ponendo in secondo piano la dimensione dell’essere umano che riguarda la sua capacità di amare. Antonio Mercurio ha invece definito Persona colui che è capace di amare se stesso, amare l’altro ed essere amato nella libertà, rendendo quindi la capacità di amare cruciale per la realizzazione dell’essere umano e per il raggiungimento della gioia.

Ma cosa significa amare? Innanzitutto non è una capacità innata, è un’arte che si apprende, come ci ricorda anche il filosofo Erich Fromm nel suo libro “L’arte di amare”. E ha molto a che fare con due concetti fondamentali quali la LIBERTA’ e la DECISIONE.

Libertà da dare a se stessi e alla persona amata: l’amore è disinteressato quando nasce dalla libertà e rispetta la libertà dell’altro; diventa egoistico quando invece impone la propria volontà all’altro. L’amore è quindi libertà di essere, libertà di donarsi e libertà di riprendersi. Ciò è realizzabile pienamente solo se noi apparteniamo veramente a noi stessi, ovvero seguiamo il progetto che ci indica il nostro Sé, sciogliendo via via le proiezioni genitoriali che facciamo sugli altri. 

 

Spesso nel linguaggio comune l’amore diventa sinonimo di innamoramento, in realtà sono due cose ben diverse. L’innamoramento che si verifica nell’incontro tra due persone è una fase in cui emerge una forza irresistibile di attrazione che fa assumere una posizione quasi passiva, i due si sentono quasi sopraffatti da questa emozione e l’obiettivo principale è quello di stare il più possibile insieme all’altra persona quasi a voler realizzare un’unica entità. E’ in questo momento che nascono spontanee frasi come “morirei senza di te” oppure “ho bisogno di te” perché è frequente che in questa prima fase ciò che unisce la coppia siano i vuoti esistenziali da colmare con la presenza dell’altro.

Antonio Mercurio ci ricorda che possiamo trasformare l’innamoramento in amore maturo, che invece è frutto di una libera decisione in cui si “agisce” attivamente per portare avanti il progetto esistenziale individuale e della coppia, costruendo un terreno comune che consenta di far germogliare qualcosa di nuovo che prima non esisteva. Il rapporto di amore maturo permette ai partner di crescere e di sviluppare le proprie potenzialità senza che queste vengano percepite come una minaccia per la coppia.

L’amore non è un colpo di fortuna nell’incontrare la persona “giusta”, ma è decisione di amare, capacità di dare e ricevere amore, reciprocità.



Per chi volesse approfondire:

Antonio Mercurio, La Sophia-Analisi e il Principio della Gioia

(Editoriale sull’Amore), ed. SUR Roma

Antonio Mercurio, Amore e Persona, ed. Costellazione di Arianna

Erich Fromm, L’arte di amare ed. Arnoldo Mondadori



Locandina a cura di:

Anna Agresti, Dania Biagini, Francesca Brabanti, Adele Cossu, Lorenza Crocicchi, Margherita Giugliano, Eleonora Padovani, Carmine Pascuzzo