7° DIBATTITO SOPHIARTISTICO
SABATO 27 MAGGIO 2023
IL FILM
Encanto è un film della Disney del 2021, diretto da Byron Howard e Jared Bush.
Nonostante sia uscito durante il periodo di pandemia, ha ottenuto un enorme
successo. La pellicola ha vinto il premio Oscar e il Golden Globe come miglior film
d’animazione. La colonna sonora, di Germane Franco, oltre ad essere stata
candidata a tantissimi premi, è diventata virale con la canzone “Non si nomina
Bruno” in testa alle classifiche di Spotify.
LA FAVOLA DI ENCANTO
Illustrazioni di Eleonora Padovani
C’era una volta una bella famiglia che viveva in un piccolo paese della Colombia. La
mamma si chiamava Alma Madrigal, il babbo Pedro ed i loro tre gemellini Julieta,
Pepa e Bruno. Nel villaggio crescevano tantissimi fiori colorati ed il tempo
trascorreva sereno e gioioso.
La piccola famiglia si trovò, ad un certo punto, a dover abbandonare la propria casa
minacciata da cavalieri oscuri e senza volto. Per mettersi al sicuro, fuggirono
insieme ad altri del villaggio durante la notte. Cammina cammina, si accorsero di
essere inseguiti da questi manigoldi armati. Pedro si rese subito conto che la
famiglia era in pericolo e per salvarla si consegnò ai banditi. Alma disperata e sola,
con i suoi piccolini al seno, addolorata e in lacrime, ricevette la fiamma magica di
una candela. Ed è a questo punto che, così narra la storia, accadde il miracolo,
l’ENCANTO: intensi bagliori di luce disegnarono una farfalla sulla candela che
illuminò il loro cammino, altissime montagne si alzarono tutte intorno formando una
valle. Ed al centro della valle prese vita “Casita”, una casa veramente molto molto
speciale.
Casita ha vita propria e diventa dimora per la famiglia Madrigal. Trascorrono i mesi,
passano gli anni e Julieta, Pepa e Bruno, crescono. Ognuno di loro, al compimento
del quinto anno di età, riceve in dono un talento, che si svela solo nel momento in cui
si apre una porta inondata di luce. Ogni talento è unico e speciale e deve essere
messo a disposizione per il bene della famiglia e dei compaesani. Le stagioni intanto
si susseguono, Alma diventa nonna, la matriarca, e il rito si ripete anche per i suoi
nipoti.
Solo una di loro, Mirabel, non lo riceve. La sua porta svanisce, ma lei non si abbatte
e si dedica con amore e disponibilità alle esigenze di chi chiede il suo aiuto.
Quando Mirabel ha 15 anni, cominciano ad accadere eventi strani ed inquietanti: il
miracolo è in pericolo. “Io salverò il miracolo!” afferma, sicurissima di riuscire a
svelare ogni mistero. Ritrova infatti lo zio Bruno che aveva il dono di prevedere il
futuro, fuggito anni prima per non dover svelare una pericolosa profezia, che alla fine
comunque si realizza. È solo grazie alla perseveranza di Mirabel, che tutti insieme
ricostruiscono Casita e con amore danno nuova vita alla comunità di Encanto.
TALENTO O GABBIA?
Da sempre nel mondo si tramandano di generazione in generazione storie
fantastiche, leggende, fiabe bellissime. Storie che cambiano nel corso del tempo,
che prendono la forma della cultura nella quale sono immerse.
Questa è la storia della famiglia Madrigal e del loro miracolo, “l’Encanto”. È la storia
di come da un grande dolore, attraverso un percorso di trasformazione, si può creare
la Bellezza che prima non c’era. Dal dolore per la morte di suo marito Pedro e la
perdita di tutto quello che aveva, Abuela vede una candela accendersi, una luce,
una speranza e riceve l’Encanto, un posto sicuro in cui far crescere i suoi figli al
riparo dalle avversità.
Il miracolo non è solo un luogo sicuro, ma un talento straordinario che viene
trasmesso ai suoi tre figli e alle successive generazioni. All’inizio del film questi
talenti ci vengono presentati dalla protagonista Mirabel. Pepa controlla il tempo
atmosferico con il suo umore, Bruno vede il futuro, Julieta è in grado di curare le
persone con il suo cibo. Camilo cambia forma, Dolores riesce a sentire in
lontananza, Isabela controlla i fiori e le piante, Luisa ha una forza straordinaria. E poi
c’è Mirabel che di talenti non ne ha, ma non è stata una sua scelta. Dopo aver
superato la delusione della cerimonia, lei accetta, supera il fatto di non avere un
talento e si dà da fare per il bene della famiglia. Per questa ragione, tutti la trattano
come se non fosse capace, come se valesse di meno. Lei non può essere utile
perché non ha un talento. E anche noi spettatori ci sentiamo tristi di fronte a questo,
perché sappiamo che è vero: Mirabel non ha un talento.
Ma che cos’è davvero un talento? Il talento è influenzato da almeno tre componenti:
la facilità con cui si fa qualcosa, il piacere e il riconoscimento degli altri. E questo
porta ad una contraddizione che emerge verso la metà del film: il talento non è
oggettivo, è un’etichetta che ti viene imposta dall’esterno. Tuttavia, almeno nella
prima parte, la sua definizione è affiancata dalla straordinarietà della magia dei
membri della famiglia Madrigal. Tutti sono presi dalle loro doti e Abuela, con
l’illusione di mantenere equilibrio e prosperità, inconsapevolmente trasmette e
obbliga a compiti straordinari: costringe Isabela ad essere perfetta e felice, Luisa a
mettere la sua forza al servizio di tutti senza mai poter mostrare fragilità, e a tutti gli
altri membri della famiglia ad assumere un ruolo immutabile che diventa
inevitabilmente una gabbia che impedisce la creatività e la crescita. I Madrigal non
riescono a vedere la prigione incantata in cui vivono.
Il film parla della nostra realtà. Quante volte ci siamo ritrovati, anche
inconsapevolmente, a ricoprire dei ruoli, delle dinamiche specifiche in famiglia, con
gli amici, a lavoro?
Nella società di oggi ci viene richiesto continuamente di essere straordinari,
produttivi, bellissimi, bravissimi, perfetti. Ma basta guardarsi intorno per rendersi
conto che gli standard richiesti creano costantemente nuove gabbie in cui ognuno di
noi vive senza accorgersene. Nell’illusione di un desiderio nostalgico di perfezione,
come i ricordi di quando eravamo bambini, aumentano l’ansia, la tristezza, i conflitti.
E questo avviene anche nelle dinamiche familiari. Quante volte si sentono storie di
giovani che intraprendono percorsi per seguire le orme del padre o della madre.
Oppure l’esatto contrario: giovani che si rifugiano nelle loro stanze perché la
pressione e le aspettative sono troppo alte.
Mirabel non è costretta in un talento ed è proprio questo che le permette di vedere la
prigione. Riesce a vedere le cose da un nuovo punto di vista e di superare
coraggiosamente quell’isolamento dovuto al suo sentirsi diversa. È libera, sente la
voce del Sé e lo segue. La sua libertà le dà occhi nuovi.
“Il primo progetto del Sé è la conquista della libertà. Libertà dalle nevrosi, dalla
possessività, dai condizionamenti” (Le leggi della vita - Antonio Mercurio).
Nell’Antropologia Esistenziale il Sé rappresenta la voce interiore dell’Io capace di
investirlo di energia positiva e progettualità. Il Sé è la progettualità individuale.
Bisogna imparare ad ascoltare la voce del Sé e fare di tutto per realizzare la propria
progettualità. Il mondo cambia, le società cambiano e anche il corso della storia può
cambiare quando Mirabel vede chiaro che non è importante avere un talento
straordinario ma darsi un progetto.
IN CHE MOMENTO LA STORIA CAMBIA?
Durante la prima parte del film siamo immersi in una dimensione di meraviglia fatta
di talenti magici e sorrisi sgargianti tutti concentrati alla preparazione della festa di
Antonio che sta per ricevere il suo talento. Va tutto apparentemente bene. Solo
Mirabel diventa custode della paura di suo cugino che teme di non ricevere il talento.
La cerimonia del piccolo Antonio è per Mirabel un momento importante, in cui entra
in contatto con una dura verità e con il dolore. Affrontare la verità, anche se fredda e
pungente, è un passo necessario per crescere ed evolvere. Affrontare le nostre ferite
profonde è doloroso, ma solo così possiamo iniziare il nostro processo di perdono
verso noi stessi e iniziare ad amarci.
“Accettate il mare. Accettate il dolore, quando è sano e non masochistico o frutto
dell’odio per voi stessi, e trasformatelo in energia per creare e per navigare [...]”
(Regola IX - Regole per la navigazione notturna degli Ulissidi - A. Mercurio).
Quando Mirabel entra nel dolore, cambia e decide di fidarsi di quello che sente e
vede perché, al contrario di quello che tutti pensano, non va affatto tutto bene. Ci
sono delle crepe nella casita, la gabbia sta crollando.
È in quel momento che inizia ad esplorare la storia della famiglia. Cerca lo zio Bruno
che era scomparso anni prima per il timore del giudizio della madre su una terribile
visione che aveva avuto sul futuro di Encanto.
“Non si nomina Bruno”, lo ripetono tutti continuamente, non si parla del passato nella
famiglia Madrigal, non si parla dell’imperfezione. Non si entra nel dolore.
La ricerca di Bruno rappresenta la trasgressione che Mirabel mette in atto come
primo passaggio verso l’affermazione di sé stessa. Nomina e cerca lo zio Bruno
perché sente che troverà delle risposte a quella tragica visione.
Questa ricerca crea un dialogo più aperto con tutti i membri della famiglia, indaga e
le viene confermato che non va tutto bene. Fino ad arrivare ad Abuela, che di fronte
alla dolorosa verità accusa Mirabel di essere la causa dei problemi di Encanto. Da
questo scontro si scatena un terremoto, la profezia si realizza e casita crolla.
Soltanto quando Abuela entra in contatto con il passato, con il ricordo traumatico,
con il dolore, è possibile la ricostruzione della famiglia e della casa.
Si può pensare che casita sia la nostra struttura interna, che è stata costruita nel
corso degli anni e che viene trasmessa. Nel momento in cui Abuela aveva ricevuto il
miracolo, era apparsa casita, in soccorso dopo il sacrificio fatto da Pedro e da lei che
si è ritrovata da sola con tre neonati a ricostruirsi una vita lontana dai pericoli, come
una grande difesa che diventa una fortezza. Onorare la memoria del marito e
dedicare completamente la sua vita alla prosperità del villaggio diventa, così, la sua
missione dopo il trauma. Quando viviamo degli eventi traumatici, entriamo in
contatto con un forte dolore che rimane impresso dentro di noi.
Dopo la morte di Pedro, non c’era stato modo di rielaborare il dolore, Abuela doveva
darsi da fare affinché tutto andasse bene. E tutti seguivano lei negando qualsiasi
evento spiacevole che accadeva e allontanando qualsiasi minaccia di cambiamento.
Tuttavia Luisa, la forzuta, vive il senso di colpa di essere fragile, la zia Pepa, non può
minimamente arrabbiarsi perché scatena un uragano, tutti attaccano Bruno che si
ritira, sparisce. Abuela all’inizio nega le possibili crepe di casita, e Mirabel stessa si
rifiuta di credere di non possedere un talento. Ma se quello schema era servito per
anni ad andare avanti, quel “va tutto bene” diventa la gabbia in cui tutti si ritrovano.
Questa riflessione pone alcune domande: quali condizionamenti ci vengono
trasmessi dalla famiglia, dalla scuola, dalla società? Qual è il nostro “va tutto bene”?
Evitare il cambiamento è un meccanismo di difesa, e spesso rinunciamo
all’autenticità per compiacere. Gli occhi di Mirabel sono in grado finalmente di vedere
questo schema e di restituirlo alla nonna sulla riva del fiume. La visione di Bruno non
era univoca. Bisogna avere fiducia e seguire quella farfalla luminosa, il proprio Sé,
per scoprire cosa succederà. Ed è in quel momento che avviene il perdono, un
abbraccio in cui entrambe riconoscono il valore e l’unicità dell’altra. Tutti si danno da
fare per ricostruire casita e Bruno ritorna. La candela del miracolo si riaccende
quando Mirabel vede la sua immagine riflessa e per la prima volta si vede ed è vista
nella sua autenticità. Encanto si è trasformata, è un posto nuovo.
“È Persona, totalmente realizzata come tale, colui che è capace di amare se stesso,
amare gli altri ed essere amato nella libertà” - Antonio Mercurio
Per chi volesse approfondire:
Antonio Mercurio, La Sophia-Analisi e il Principio della Gioia (Editoriale sull’Amore),
ed. SUR Roma
Antonio Mercurio, Teoremi e Assiomi della Cosmoart, ed. SUR Roma
Locandina a cura di:
Dania Biagini, Francesca Brabanti, Adele Cossu, Lorenza Crocicchi, Margherita
Giugliano, Eleonora Padovani, Carmine Pascuzzo.
Con la supervisione di Anna Agresti
Maggio 202